Bloccati nel negativo

Federica Ongis
5 min readOct 16, 2021

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Capitano tutte a me! Perché loro si e io no? Quante volte hai sentito pronunciare queste frasi? Magari sei proprio tu, una di quelle persone che tendono a restare ancorate al negativo. Non ti scoraggiare perché, devi sapere che, siamo tutti vittime della stessa trappola! Siamo tutti bloccati nel negativo! La frequenza con cui notiamo le sciagure o misfatti che ci accadono nella vita è di gran lunga superiore alla capacità che abbiamo di accorgerci della nostra fortuna. Ecco spiegato perché i genitori, fanno sempre il paragone con chi è più bravo, più bello, più preparato, più educato e non si rendono conto che “c’è chi è messo peggio!”.

La vera domanda è: perché siamo attratti da loop infelici? La risposta si nasconde nella nostra biologia.

Esperimenti

Ti invito a fare un piccolo esperimento. Prendi un bicchiere, riempilo d’acqua fino a metà. Ora, chiediti come lo vedi. Quale è la tua percezione? Mezzo pieno? Mezzo vuoto?

Il modo in cui ti appare questo semplice bicchiere d’acqua dice molto sulla tua propensione all’ottimismo (o al pessimismo). C’è chi è più positivo e nota l’acqua contenuta nel bicchiere e chi è più orientato ad osservare quanta acqua manca affinché il bicchiere sia pieno. Al di là del diverso “punto di partenza” e delle diverse percezioni che ciascuno di noi esibisce nell’interpretare il mondo, c’è un fattore che ci accomuna tutti quanti, ottimisti e pessimisti: la nostra avversione alle perdite. Siamo avversi alle perdite e tanto più le perdite ci fanno paura tanto più le enfatizziamo.

Con questa espressione — “avversione alle perdite” — in scienze comportamentali si descrive la tendenza del nostro cervello a rimanere bloccato più a lungo sui fallimenti e sugli aspetti negativi di quel che ci capita, di quanto non riesca a restare “ancorato” alle cose positive che ci succedono. Di nuovo, perché?

Per rispondere più precisamente a questo quesito devo ricorrere ad un famosissimo esperimento comportamentale. I ricercatori hanno selezionato due gruppi di persone per proporre loro un intervento chirurgico. Al primo gruppo di persone al quale venne presentato l’intervento fu detto che “ci sarebbe stato il 70% di probabilità di successo dell’operazione”. Mentre al secondo gruppo, lo stesso intervento, venne presentato come avente “il 30% di possibilità di fallimento”. Alla domanda “chi desidera sottoporsi all’intervento chirurgico?”, la maggior parte dei partecipanti del primo gruppo si dice pronta, mentre la maggior part dei membri del secondo gruppo declina l’offerta. A questo punto, gli sperimentatori suggeriscono ad entrambi i gruppi di “pensare il risultato dell’operazione” dalla prospettiva opposta e così dicono al primo gruppo di persone che sottoporsi all’intervento comporterebbe il 30% di possibilità di incorrere in un fallimento e rivelano al secondo gruppo che le possibilità di successo dell’operazione sono all’incirca del 70%. La cosa strana è che, se i membri del primo gruppo cambiano idea e, di fronte a questa nuova percezione, non sono più così contenti di fare l’intervento; i membri del secondo gruppo restano ancorati alla cornice pessimista in cui è stato presentato il problema all’inizio.

Questo esperimento ci rivela una delle evidenze comportamentali che più impattano sulla nostra esistenza e cioè che le perdite pesano più del doppio dei guadagni. Il rapporto esatto è 1:2,25. Questo significa che se guadagniamo 1€e perdiamo 1€ per il nostro cervello non siamo mai in pareggio. Ecco perché chi scommette sembra non esser mai soddisfatto!

Ma andiamo oltre. Fatta questa constatazione, gli sperimentatori si sono chiesti se sia effettivamente più difficile per noi esseri umani convertire una perdita in un guadagno di quanto non lo sia convertire un guadagno in una perdita. Per dimostrare questa tesi fu chiesto ad un gruppo di soggetti sperimentali di risolvere un piccolo problema. Fu detto loro che una malattia virale si stava diffondendo e che questa malattia avrebbe messo a rischio la vita di 600 persone. Suddividendo in due gruppi i partecipanti, fu chiesto al primo gruppo di calcolare quante persone sarebbero morte se 500 si sarebbero salvate; mentre, al secondo gruppo fu detto che 100 persone sarebbero morte e fu chiesto loro di calcolare quanto persone si sarebbero salvate. Morale, in entrambi i casi il calcolo sarebbe stato: 600–100. Facile, vero?!

Il risultato straordinario è che, in base al framework in cui il problema ci viene presentato, il nostro cervello impiega più o meno tempo ad effettuare il calcolo. Il tempo che impieghiamo per passare da “guadagni a perdite” è di gran lunga inferiore al tempo che mettiamo a risollevarci da una perdita. Questo ci dice che, quando pensiamo ad una situazione in termini di perdite essa acquisisce ai nostri occhi un peso maggiore.

Tutto questo per dire che, la nostra visione del mondo tende ad essere più orientata al negativo. Pertanto, non ci dobbiamo stupire dei disfattisti, dei pessimisti, di quelli che “ogni giorno ne hanno una” o di quanto una notizia preoccupante faccia più scoop e più successo di un evento felice. Quello che nell’era dei social network è stato definito “il business dell’attenzione” può essere definito anche come “il business della paura di perdere” ed è un business che fattura! A dirla tutta, avere una mente “attenta al negativo” non è un male in sé e per se, se consideriamo che questo spiega come siamo sopravvissuti per secoli imparando a riconoscere ed evitare i pericoli. Tuttavia, questa constatazione ci suggerisce anche che, per vedere il lato positivo delle cose, serve fare uno sforzo. Siamo bravissimi a paragonarci a chi sta meglio di noi, credendoci più sfortunati, siamo meno bravi a riconoscere i nostri vantaggi. Come migliorarci? Si tratta di una pratica contraria alle nostre inclinazioni biologiche che, per questo, richiede esercizio.

In quest’ottica, la psicologia positiva ci viene in aiuto regalandoci un semplice ed efficace esercizio che puoi fare tutti i giorni.

Questa sera quando torni a casa, dopo una giornata intera di lavoro, invece che lamentarti delle sciagure che ti sono successe, prendi carta e penna e scrivi 3 cose per le quali ti senti grato! Si tratta di un compito banale ma capace di richiamare alla mente momenti, che, spesso, dai per scontati o che considerati ininfluenti. In questo modo, questo piccolo suggerimento può aiutarti a ricostruire una visione più ottimista e stimolarti ad essere più positivo nei confronti di quel che ti accade, almeno, più di quanto non lo farebbe il tuo cervello se abbandonato a se stesso e alle sue reazioni automatiche!

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Federica Ongis
Federica Ongis

Written by Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.

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