BrainSwarming: Il Next Level del Brainstorming

Federica Ongis
3 min readJan 23, 2021

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“Questo è il risultato di qualche ora di brainstoarming”. Il brainstoarming è una pratica molto diffusa, così comune che ti sarà capitato diverse volte di sentirti dire: “ragioniamoci su in modalità brainstorming”. Chi te lo dice allude ad un modo di pensare, ampio, ricco di idee, ad una specie di flusso di coscienza destrutturato che ha lo scopo di tirare fuori creatività, prospettive diverse, illuminazioni, soluzioni, alternative. Il brainstorming, o “tempesta di cervelli”, serve proprio a questo liberare il massimo delle potenzialità della mente di chi partecipa allo scambio. A coniare per primo il termine fu Alex Osborne che, nel 1930, stabilì le quattro regole principali di questa tecnica di ragionamento: per primo, nessuno può criticare le idee altrui; secondo, un’idea vale tanto quanto il suo contrario; terzo, la quantità prima di tutto, cioè più idee saltano fuori meglio è; quarto, prima proponi e poi perfezioni.

Quando si fa brainstorming ciascuno è stimolato a contribuire proattivamente. C’è un problema però: e se uno è timido? Se uno non è creativo? Se uno ha bisogno di più tempo per farsi venire delle idee o pensare a delle soluzioni? Se non è estroverso o confidente nell’esprimersi in mezzo a tutti? In una seduta di brainstorming molto probabilmente non parlerà. Ecco perché l’Harvard Business Review ha definito il brainstorming “una tecnica alla quale ci affidiamo spesso ma che, a dirla tutta, non produce chissà quali risultati”. Bisogna essere, in qualche modo, portati a condividere. Questo però non significa che chi non lo sia abbia cose meno interessanti da dire. Allo stesso modo, non è detto che chi tende a parlare di più abbia necessariamente le idee migliori.

Per evitare che molte buone idee restino nascoste, di recente, alcuni ricercatori hanno proposto una tecnica alternativa al brainstorming chiamata “brainswarming”. Che cosa è? Il brainswarming è un metodo più silenzioso del brainstorming per prendere decisioni insieme.

  • Si parte da un obiettivo.
  • Si identificano le risorse disponibili.
  • Si prova a risalire alla base della piramide per capire quali sotto obiettivi devono essere realizzati e come essi si coniugano meglio alle risorse disponibili.

Questa tecnica serve a produrre idee di qualità migliore, meno viziate dalla chiacchiera. Si tratta di un metodo grafico, proposto nel 2010 da Tony MCCaffrey, ricercatore esperto di psicologia cognitiva. Tony osservava le formiche: è curioso il modo che hanno le formiche di risolvere problemi per procurarsi cibo; una dopo l’altra lasciano segnali nell’ambiente, aggiungono, contribuiscono. Chi arriva dopo viene influenzato dai segnali già presenti e aggiunge del suo. La loro soluzione è efficiente. Può funzionare anche per noi quando vogliamo individuare diversi scenari risolutivi ad un dato problema. Imitando le formiche. Il brainswarming è una forma di problem solving grafico dove i partecipanti possono postare le loro idee (i loro segnali) all’interno di una mappa strutturata a partire dalla quale chi verrà dopo aggiungerà del suo.

Amazon è famosa per adoperare il brainswarming durante i meeting. Bezos stesso, in un’intervista, ha raccontato che: per ogni meeting viene preparato un memo strutturato in sei pagine, con obiettivi e punti di discussione ben esplicitati, con vere e proprie argomentazioni utili a chiarire il contesto. Questo serve ad “evitare che gli incontri siano destinati a surfare in superficie”. Il brainswarming è una tecnica utile a massimizzare l’efficienza oltre che a spingere chi vi partecipa a scavare più a fondo nel processo decisionale. Ci sono indagini sull’utilizzo del brainswarming che ne ammettono l’efficacia: in media, si producono 115 idee in 15 minuti vs le 100 idee in 60 minuti a cui si arriva in un comune processo di brainstoarming. Sembra proprio che, scrivere e disegnare piuttosto che parlare, possa essere più efficace.

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Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.