Come evitare il “burnout”

Federica Ongis
5 min readOct 8, 2022

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“Siamo tutti esauriti”. “Continuiamo così? Mi verrà un esaurimento”. “Nella solitudine del deserto crescono i cactus. Nella frenesia rumorosa delle metropoli gli ictus” recita così lo scrittore Mirco Stefanon nel suo testo intitolato “Micio Zen”. Si stima che il 40% dei lavoratori soffra di burnout o, per dirla in italiano, di esaurimento. Il dato peggiora se consideriamo alcuni ambiti professionali specifici come quello sanitario o quello sportivo dove oltre il 50% dei professionisti dichiara di vivere quotidianamente situazioni eccessivamente stressanti.

Perché il burnout è pericoloso? Banalmente perché minaccia le nostre performance, il nostro livello di autostima e incide negativamente sulle nostre emozioni. Tra le cause più riconosciute dell’esaurimento ci sono orari di lavoro improponibili, carichi eccessivi e protratti nel tempo, carichi di responsabilità, mancanza di controllo sul proprio lavoro, o ancora un basso senso di appartenenza alla community o al proprio gruppo di lavoro.

Il burnout può alterare il nostro cervello.

I neuroscienziati hanno scoperto che l’esaurimento può avere effetti significativi sul nostro cervello. In particolare hanno notato che:

  • le persone esaurite registrano una maggior attivazione e un ampliamento dell’amigdala, quella regione del nostro cervello connessa alle reazioni emotive e addetta a rispondere impulsivamente ai pericoli. Il risultato è un comportamento più lunatico e una maggior sensibilità allo stress.
  • le persone esaurite registrano un assottigliamento della corteccia prefrontale, quella regione del nostro cervello responsabile delle funzioni cognitive più complesse e della nostra razionalità. Si tratta di una reazione comune nelle persone anziane, ma evidente anche in persone che vivono lunghe e incessanti situazioni di stress.
  • le persone esaurite perdono memoria e registrano livelli di attenzione scarsi, il che li rende incapaci di apprendere ed essere efficaci.
  • le persone esaurite registrano meno connessioni mentali, in particolare, tra diverse aree del cervello il che danneggia, oltre che la memoria, la creatività, la capacità di problem solving provocando danni simili a quelli di chi ha esperito un trauma.
  • le persone esaurite sono più vulnerabili e per questo più soggette a dipendeze. Una dipendenza è un meccanismo potente che il nostro cervello mette in pista per farci evadere da situazioni che riteniamo stressanti o che giudichiamo emotivamente negative. Si può essere dipendenti una sostanza, da un’attività, dal cibo, dai social network, oppure da una relazione, o in generale da qualsiasi cosa che nell’immediato ci appaga. Un bicchiere di vino dopo una lunga giornata di lavoro può diventare una dipendenza per il semplice fatto che ci regala una sensazione di relax capace di scacciare ore di stress. Chi soffre di esaurimento è più incline a cadere nella trappola delle dipendenze. Quando siamo dipendenti viaggiamo con il pilota automatico. Si tratta, infatti, di un engagment così marcato che perdiamo il controllo sulle nostre azioni e decisioni. Ciò ci rende vulnerabili e impulsivi.

Gli effetti del burnout sul nostro cervello ci portano a dire che il rischio esaurimento non è uno scherzo specie in una società che vuole correre a 100 km/h avendo a che fare con esseri umani il cui cervello, però, è lento e ha bisogno di tranquillità e spazio per funzionare bene.

Come si combatte il rischio di esaurimento?

  • Gli scienziati ci dicono che la soluzione n.1 è: lavorare sulla neruoplasticità. La neuroplasticità è la capacità del nostro cervello di adattarsi e di creare di continuo nuove connessioni neurali per permetterci di agire e pensare efficacemente. Il cervello umano è plastico e questa caratteristica è ciò che ci permette di essere creativi, trovare soluzioni efficaci ai problemi, gestire nuove sfide e nuovi task con leggerezza. La domanda è come si incrementa la capacità del nostro cervello di adattarsi a contesti sfidanti senza soccombere? Tramite l’apprendimento. Quando vogliamo imparare qualcosa costringiamo il nostro cervello a creare nuove connessioni ed ogni nuova connessione è un’opportunità e una motivazione in più!
  • La seconda soluzione è fare squadra. Il nostro cervello prova piacere ogni volta che gli altri ci riconoscono e ogni volta che collaboriamo con gli altri perché le relazioni sono ciò che minimizza la paura di rimanere soli, esclusi. Si tratta di una paura ancestrale che ha un’influenza esagerata sulla nostra amigdala. Trovare il modo di fare squadra è una valida soluzione al rischio di burnout. Fare le cose con gli altri può farci sentire il peso della pressione sociale ma può anche essere un modo per distribuire gli oneri e trovare supporto.
  • La terza soluzione è: andare a caccia di ciò che ci appaga. Che cosa stimola la produzione di dopamina? Che cosa può renderci più produttivi e sconfiggere il rischio di burnout? I neuroscienziati hanno scoperto che la differenza principale tra le persone demotivate e le persone che portano a termine i compiti che gli vengono assegnati con successo è che queste ultime hanno un sistema di rewarding molto più potente. Questo significa che quando raggiungono un risultato il loro cervello le ripaga con alte dosi di dopamina. L’esperienza del piacere diventa un desiderio e il desiderio le rende più produttive. Provare a chiudere il cerchio o completare semplici attività può essere un modo efficace per rimotivarsi. Spesso lo stress che ci manda in burnout è dovuto al fatto che vogliamo fare tutto, troppe cose e così viviamo la frustrazione di non chiudere mai il cerchio. Morale, il consiglio è: fare meno, ma farlo meglio o come direbbe David Allen: “Puoi fare di tutto, ma non puoi fare tutto!”.
  • La quarta soluzione è: nutrire il proprio cervello (e il proprio corpo). Meditare, sognare ad occhi aperti, acquisire più consapevolezza, provare a fare ordine e pulizia nel caos che ci procura stress. Anche il corpo gioca la sua parte: fare esercizio fisico provoca il rilascio di endorfine migliorando il nostro mood e facendoci sentire più rilassati e positivi.
  • La quinta soluzione è: crea un contesto rilassante. Musica, dolci e piante possono venire in tuo soccorso. E’ stato dimostrato che portarsi una pianta in ufficio può ridurre del 15% il livello di stress generale. Addirittura, si dice che scegliere uno sfondo del pc verde può avere un effetto rilassante straordinario. Lo stesso effetto lo hanno le frasi motivazionali appese ai muri o scritte sull’agenda. Insomma, esistono piccole soluzioni nell’architettura del contesto in cui lavori che possono avere effetti straordinari!

Morale: sottovalutare il rischio di esaurimento non è mai una grande mossa, né per sé, né per gli altri. Anche perché non dobbiamo dimenticarci che lo stress, per quanto sia una cosa effettiva, è il frutto di una nostra interpretazione della realtà, di una naturale tendenza a compararci agli altri o di un’esigenza innata che proviamo di andare tutti alla stessa velocità per non restare indietro! Insomma come ha detto Brian Tracy: “Lo stress viene da dentro, è la tua reazione alle circostanze, non le circostanze stesse”.

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Written by Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.

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