Conformismo. Perché facciamo quello che fanno gli altri?

Federica Ongis
6 min readJun 25, 2022

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L’imitazione è un istinto che gli esseri umano esercitano fin da quando sono in fasce. Una ricerca della Duke University ci dice che il conformismo si impara a tre anni, quando i bambini iniziano a dare più retta al gruppo che ai genitori. Così fan tutti! Fare quello che fanno gli altri è il modo più immediato per sentirci parte di un gruppo, di una comunità, di un gregge. Vedere una lunga coda fuori da un ristorante e impuntarsi di volerci cenare senza effettivamente sapere se si mangia bene oppure no, è un classico esempio di quello che gli studiosi del comportamento umano chiamano “effetto gregge”. Il conformismo, per via delle conseguenze socio-psicologiche che ha, è un fenomeno che è stato ampiamente studiato dalla psicologia sociale, dalla pedagogia e, perfino, dalle neuroscienze. Che cosa accade nel nostro cervello quando siamo sottoposti all’influenza sociale?

Alcuni risultati

1 — I ricercatori del Virtual Human Dynamics Laboratory dell’Università di Firenze hanno presentato uno studio che ha indagato il fenomeno del conformismo prendendo in considerazione l’attività cerebrale, e hanno scoperto che: nel conformarci assistiamo all’attivazione di specifici pattern cerebrali. In modo particolare sono state considerate tre diverse tipologie di attività cerebrale: la prima chiamata P300, un indice relativo all’attenzione, al decision making e alla memoria a breve termine; la seconda è la N200, che può rappresentare il conflitto interno sperimentato e la conseguente attivazione di meccanismi di inibizione della risposte, e, infine, quello che viene chiato LPP, noto per essere elicitato da stimoli affettivi e dallo sforzo cognitivo e può indicare una regolazione emotiva. I risultati dello studio mostrano come le modulazioni del segnale P300 e N200, possano essere considerate predittive dei fenomeni che caratterizzano fenomeni di influenza sociale quali il conformismo. L’insieme dei segnali cerebrali ha così permesso di distinguere chiaramente i soggetti conformisti da quelli non (o meglio “meno”) conformisti. In particolare, le correnti N200, P300 e LPP sono significativamente più ampie nel caso di coloro che si conformano alla maggioranza.

2 — Un altro studio interessante correla la nostra tendenza ad essere conformisti, con l’impulsività e la sincerità. E’ vero che quando rispondiamo d’impulso siamo più sinceri? No! Tutt’altro!!! S e ci vengono fatte domande a bruciapelo e non abbiamo tempo di riflettere vien fuori il conformista che è in noi: risultato, più che dare risposte oneste diciamo agli altri quello che vogliono sentirsi dire. Lo ha dimostrato un esperimento dell’Università della California a Santa Barbara: ad alcuni volontari è stato chiesto di dare una risposta semplice, sì o no, a una serie di affermazioni riguardo il proprio carattere, entro un massimo di undici secondi oppure prendendosi tutto il tempo necessario per pensarci su. Dopo avere esaminato anche il carattere e la tendenza a essere accomodanti col prossimo dei partecipanti, il coordinatore dello studio, il neuroscienziato John Protzko, è arrivato alla conclusione che quando siamo sotto pressione tendiamo a dire ciò che è socialmente accettabile e desiderabile, ma che non per forza è la verità. «Abbiamo la convinzione che l’uomo abbia una mente divisa in due parti, una intuitiva e “animale”, l’altra razionale, che deve tenere sempre sotto controllo: un’idea diffusa è che rispondendo velocemente e senza pensare si possa accedere alla parte non mediata dal raziocinio, più istintiva e “sincera”». Invece, questo studio ci dice che con la fretta prevale il desiderio di sembrare virtuosi, anche a costo di dire bugie».

3 — Un altro studio curioso, è stato pubblicato sulla rivista “Neuron” e ha indagato il modo in cui il comportamento umano è influenzato dalla presenza dei propri simili. Non ci sono dubbi: spesso gli esseri umani cambiano opinione o decisioni per conformarsi al comportamento normativo di un gruppo, spiega Vasily Klucharev, dell’FC Donders Center for Cognitive Neuroimaging. Klucharev e colleghi hanno ipotizzato che il conformismo possa essere basato su un apprendimento per rinforzo e che il conflitto con l’opinione del gruppo possa scatenare un segnale di previsione dell’errore. Tramite fMRI si è riscontrato che un conflitto con l’opinione del gruppo scatena un aumento della probabilità che un soggetto riconsideri il proprio comportamento in senso conformistico e che lo stesso conflitto provochi una risposta neuronale nell’RCZ (rostro del cingolato) e nel NAc (nucleo accumbens); segnali simili a quelli tipici di un segnale di errore di previsione. Morale è come se, pensando con la nostra testa, qualcosa nella nostra testa ci dicesse che “forse stiamo sbagliando”. Il segnale che ci induce a questa sensazione è tanto più spinto quanto più la nostra opinione diverge da quella del gruppo. Questo studio spiega perché spesso allineiamo automaticamente le nostre opinioni con quelle della maggioranza. I risultati di questa ricerca mostrano che il conformismo sociale è basato su meccanismi che sono in accordo con il cosiddetto “apprendimento per rinforzo” e che questo meccanismo è collegato all’attività neuronale di ‘monitoraggio degli errori’ che segnala ciò che rappresenta probabilmente l’errore sociale fondamentale: l’essere troppo differenti dagli altri.

4 — Al quarto posto ci sono i cosiddetti “costi emotivi”. Assumersi la responsabilità di comportamenti e scelte “fuori dal coro” comporterebbe dei costi emotivi che la mente tenderebbe ad evitare: più forte della prospettiva del successo è il rischio di esporsi a un fallimento individuale. Ecco che, quindi, per non “rimetterci la faccia” saremmo più naturalmente inclini a seguire il conformismo, attribuendo la responsabilità di un eventuale fallimento al gruppo e non a noi stessi. Il conformismo aiuterebbe a proteggerci da emozioni negative come vergogna, rabbia o senso di colpa. Questo tipo di meccanismo, se da un lato è vero che consente al singolo di sentirsi in qualche modo più “forte” e quindi disposto a rischiare in imprese che da solo non potrebbe assumere, dall’altro opera una deresponsabilizzazione al livello individuale a discapito di un’autonomia di scelta e di un pensiero critico, fino a sostenere comportamenti contro la propria morale o alla ragione del singolo. Tale fenomeno, ad esempio, venne citato da Albert Bandura fra i meccanismi che presiedono la disattivazione dei controlli morali interni permettendo all’individuo comportamenti in contrasto anche con i suoi principi o valori. Risultato? Un forte impatto sull’autostima.

5 — Un altro fattore implicato nel conformismo è quello motivazionale: sarebbe la motivazione all’affiliazione a giocare un ruolo di primo piano nella scelta ad uniformarsi a ciò che decide la massa. Affiliazione, potere e successo sono i tre principali driver motivazionali che guidano il comportamento degli esseri umani: l’affiliazione, descrive la tendenza motivazionale che ci spingerebbe ad agire allo scopo di creare e mantenere relazioni armoniche e non conflittuali con gli altri, evitando quindi emozioni negative. E’ proprio questa la principale ragione che ci spinge a seguire il gregge.

Il conformismo è sempre un male?

La risposta a questa domanda è: probabilmente no. Scelte conformiste influenzano tutti noi e sono in parte necessarie all’adattamento sociale ponendosi entro quella tensione dinamica fra due polarità: quella dell’individuo e quella della collettività. Probabilmente il tema è la frequenza e la modalità con cui scegliamo di “seguire la corrente” o di affermare la nostra individualità.

Ci sono persone più orientate a dare priorità alle proprie motivazioni interne ed individuali (introversi) e, persone, invece, che sentono più il bisogno di “stare nel e con il gruppo” (estroversi), anche se, in generale, ciò che tutte queste evidenze ci dicono è che: assumersi la responsabilità di comportamenti e scelte che escono dal gregge comporta costi emotivi che la mente tende ad evitare. Più forte della prospettiva del successo è il rischio di esporsi a un fallimento individuale. Ecco che, quindi, siamo più naturalmente inclini a seguire il conformismo. Il conformismo ci aiuterebbe, quindi, a proteggerci da tutta una serie di emozioni negative, ecco perché ha una forte spinta comportamentale, una spinta che non dobbiamo mai sottovalutare!

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Federica Ongis
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Written by Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.

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