Di quale etica sei?

Federica Ongis
4 min readMar 6, 2021

--

Lo conosci il Trolley Prolem? Si tratta di un dilemma che funziona così: c’è un treno che sfreccia ad alta velocità sulle rotaie di una ferrovia. Sulla rotaia dove viaggia questo treno ci sono cinque persone legate ai binari. Tu, ti trovi sul fianco del binario e accanto a te c’è una leva. Vedi che il treno si avvicina ad alta velocità e ti rendi conto che di certo non potrà frenare per tempo con il risultato che, se non farai qualcosa, le cinque persone legate al binario perderanno la vita. A questo punto hai due possibilità o non fai niente (1) oppure tiri la leva che si trova lì a portata di mano la quale devierà il treno su un secondo binario dove, invece, c’è solo un uomo che a causa di questa tua azione perderà la vita (2).

Cosa fai? Premessa: si tratta di un dilemma per cui la scelta è tra l’opzione 1 e cioè resti a guardare senza agire, e l’opzione 2 e cioè intervieni tirando la leva.

Ti lascio qualche istante per pensarci anche se, nella realtà dei fatti, un treno che sfreccia ad alta velocità non ti lascerebbe la stessa chance.

Consequenzialista o dentologico?

In base alla risposta che ti sarai dato ti scoprirai appartenere alla “fazione” dei consequenzialisti oppure a quella dei deontologici.

I primi sono quelli che dicono “tiro la leva” perché in fondo, che ne muoia uno piuttosto che cinque è meglio. In questo senso, provano a massimizzare il risultato decidendo secondo un calcolo puramente logico-razionale. Appartieni alla seconda “fazione” se, al contrario, hai pensato che “uccidere è sbagliato tout court” e che perciò, poiché tirare la leva comporta commettere un omicidio, è meglio astenersi dal fare. Questo dilemma è un dilemma che, a dire il vero resta un dilemma. Ma cosa ha da dirci?

Lo si può vedere in tanti modi e secondo molte varianti. Per esempio, c’è chi ha detto: “ma se l’uomo sui binari fosse un uomo super intelligente che avrebbe cambiato il mondo? Tipo Einstein. Avresti comunque sacrificato costui per salvarne altri cinque comuni mortali?”. Altri ancora si sono chiesti: e se quell’unica persona fosse un tuo parente o il tuo fidanzato o la tua fidanzata, ti saresti comportato allo stesso modo?. Altri ancora hanno modificato il setting del dilemma immaginando che colui che deve decidere se tirare la leva o meno, si trova su un ponte e ha la possibilità di fermare il treno e salvare cinque vite umane, questa volta non tirando una leva ma spingendo un uomo giù dal ponte cosicché egli possa fermare il treno e risparmiare tutti gli altri. Qui cosa faresti? Chiaramente in questa variante del dilemma entra in gioco la cosiddetta “relazione diretta con l’azione”. Tirare una leva produce sicuramente un impatto emotivo meno forte che spingere giù un uomo da un ponte. Forse, è anche per questo motivo che “la leva” rende meno evidente la “colpevolezza” di colui che si trova a dover scegliere se intervenire o se non muovere un muscolo.

La cosa curiosa e interessante di questo dilemma e anche il motivo per cui ho deciso di raccontarvelo è che ci porta a fare alcune riflessioni non solo sui principi etici che ci guidano ma anche sul modo in cui interpretiamo e valutiamo il nostro essere e il nostro agire. Riflettendoci per prima, credo che scegliere di non intervenire sia comunque fare una scelta e, dunque, in fondo, è decidere di fare qualcosa. In entrambi i casi si tratta di un’azione che, per questo, ha le sue conseguenze. Penso anche che chi sia portato a optare per il consequenzialismo possa, di base, ragionare partendo dal presupposto che le vite umane abbiano tutte lo stesso peso e lo stesso valore e che pertanto “uno sia il male minore, rispetto a cinque”. Ma credo anche che si possa sostenere la causa dei consequenzialisti solo se si fosse disposti ad agire coerentemente, sia che si tratti di un perfetto sconosciuto, sia che si tratti di un perfetto conosciuto, sia che ci si trovi noi al posto del “povero martire”.

Riflettere su questo dilemma mi ha convinto che come esseri umani siamo il prodotto delle nostre azioni, sia quando agiamo proattivamente sia quando, altrettanto proattivamente, stiamo a guardare e lasciamo che le cose accadano. Tutti sappiamo che “uccidere è moralmente sbagliato” — nessuno lo metterebbe in dubbio — eppure se ci trovassimo ad essere i protagonisti di un dilemma come questo non sapremmo proprio cosa fare. C’è da dire che finché non ti ci trovi in una situazione del genere non saprai mai cosa faresti davvero. Quantomeno immaginarlo potrebbe aiutarci, però, a chiarire le nostre idee sul modo in cui concepiamo le nostre azioni. Detto questo, immagino che molto dipenda da una cosa: se credere o meno nel destino. Se pensi che quel che succede sia in qualche modo predeterminato o “pre-destinato”, probabilmente giustificherai la tua scelta con il principio e non toccherai la leva per nessuna ragione al mondo; se, invece, sei convinto che ciò che accade sia il risultato del tuo agire, probabilmente ti struggerai, ma allo stesso tempo farai tutto quanto è in tuo potere per limitare i danni. A ciascuno la propria posizione.

Anche se in realtà ciò che mi vien da dire è che la vita, fortunatamente non è un dilemma, dunque è probabile che ci sia una terza via d’uscita!!!

--

--

Federica Ongis
Federica Ongis

Written by Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.

No responses yet