Diverse personalità, diverse reazioni “all’isolamento”
La domanda di oggi è semplice: stiamo tutti allo stesso modo chiusi in casa?
L’isolamento produce gli stessi effetti su ciascuno di noi?
O meglio, esiste qualcuno che “brilla” e “risplende”, che dà il meglio di sé, in quarantena? Per una persona estroversa come me, pare quasi naturale pensare che “senza gli altri, sia la fine”. Eppure, ciascuno di noi reagisce diversamente e uno dei fattori che più plasmano le nostre reazioni è — rullo di tamburi — la nostra personalità!!!
(1) L’estroverso vs l’introverso
Prendi me, dopo due giorni di home office, non vedevo già l’ora di fare un aperitivo in call con tutti i miei amici del mondo, di chiamare perfino quelli che non sento da parecchio, anche se, bersi uno Spritz davanti al pc non è come fare un aperitivo con i fiocchi fuori da un bar. Prendi Bob, si dà il caso che Bob sia un’introverso e si dà il caso che Bob sia una persona inventata per rendere l’idea. Bob non capisce perché sono cosi in ansia al pensiero di starmene in casa. Mi guarda come se stessi vivendo una specie di apocalisse zombie. Bob se ne sta li, bello tranquillo senza nessuno che gli “stressa l’anima”; vive in una specie di benedizione.
Benedizione o maledizione?
Io e Bob siamo la rappresentazione esplicita di due archetipi che si posizionano l’uno agli antipodi dell’altro: il “classico estroverso”, chiacchierone, socievole e il “classico introverso” che preferisce starsene in pace con se stesso e che, perciò, mi guarda come se fossi “una stramba”.
Come esseri umani siamo naturalmente diretti alla socialità e non è un caso che proprio l’isolamento sociale sia stato storicamente considerato uno dei castighi e delle punizioni più severe della storia. Abolita la pena di morte, molti sistemi giudiziari hanno adottato l’isolamento come forma di punizione per crimini terribili.
Pertanto, non biasimo coloro che se ne escono, tipo Elon Musk qualche giorno fa, dicendo che “con l’isolamento, non stiamo salvando vite ma ammazzando l’economia” o la situazione psicologica di molte persone o che, comunque, l’una può essere conseguenza dell’altra con risvolti potenzialmente molto critici.
L’isolamento è una forma di tortura che può avere conseguenze emotive, mentali e comportamentali rilevanti; così dichiarano esperti psicologi e psicoterapeuti. E’ vero, oggi, in nome del bene più prezioso che esista al mondo, la vita umana, pare non esserci alternativa alla “distanza sociale”, eppure quel che credo sia importante tenere a mente è che, fin d’ora, ci troviamo di fronte alle cosiddette “conseguenze a breve termine” e, forse, con l’avvio della ripartenza, sarebbe opportuno iniziare anche ad avere uno sguardo altrettanto serio sulle possibili conseguenze di lunga durata. Mi riferisco, in particolare, a tutte quelle conseguenze per le quali non basterà la scienza o la terapia intensiva perché il loro impatto sarà di natura più psico-sociale.
La fine del lockdown è già un importante momento di “recupero” della socialità, perché anche solo “guardarci negli occhi” o sentire una voce amica che non sia filtrata dal Wi-fi o dalle cuffie, seppur celata da una mascherina, ci può far stare meglio.
Infatti, la realtà delle relazioni stimola i nostri neuroni specchio a fare il proprio mestiere. Letteralmente, guardare e sentire fisicamente equivale ad inviare un segnale ai centri neurali che regolano “lo stress”, facendoci sentire più interconnessi.
Del resto, questa è una strategia d’azione più ampia, forse anche l’unica che abbiamo al momento, che servirà non solo a sopravvivere alla pandemia, ma anche a mantenere “viva la nostra umanità”.
Perciò, per tornare ai tratti della nostra personalità, quel che potremmo affermare è che indipendentemente dal grado di estroversione o introversione di ciascuno di noi, al di là del fatto che l’introverso trovi l’isolamento un ambiente di più facile adattamento, per entrambi è importante tornare a guardarsi in faccia.
(2)
Introversione ed estroversione sono soltanto una delle 5 dimensioni che descrivono la personalità di ciascuno di noi (rif. O.C.E.A.N The Big Five — è un test psicologico che serve a misurare le 5 dimensioni fondamentali della personalità umana).
Come ti sei comportato in quarantena? Rispondere a questa domanda potrà esserti utile a rintracciare qualche informazione in più sulla tua personalità.
La conscientiousness (coscienza e consapevolezza)
Chi tende ad essere molto organizzato, chi si lascia distrarre poco, chi trova semplice seguire un programma ben schedulato, reagisce facendo programmi; così, anche in casa, farà mille programmi. Diversamente, a un basso grado di conscientiousness corrisponde una più forte tendenza a far passare le giornate in modo casuale, faccio questo o quello? Alla fine, fai ben poco.
L’agreeableness (Empatia, fiducia, cooperazione, altruismo, moralità)
Chi tende ad essere molto educato, cooperativo, talvolta accomodante, inizierà a cooperare e a fornire il proprio supporto ai propri coinquilini.
Diversamente, un basso grado di agreeableness è sintomo di un maggior nervosismo e di una maggiore chiusura; insomma, ti induce a “stare più sulle tue”.
Openness (apertura, curiosità)
Chi è molto curioso, immaginativo, avventuroso inizierà a leggere qualsiasi cosa, ad ascoltare musica, a trovare le soluzioni più creative al lockdown. Non ci sarà un secondo per annoiarsi.
In questo caso mi dico “presente!” Il tempo vola, anche in quarantena.
Diverso è per chi, invece, manifesta un basso livello di apertura — laddove il termine è da intendersi in senso ampio. In questo caso, la tendenza sarà più indirizzata alla percezione dell’isolamento come una situazione vuota, noiosa o routinaria.
Neuroticism (quanto sei lunatico? Ansioso? Invidioso?)
Chi è molto nevrotico tende a sentirsi sotto stress pure stando sul divano a guardare Netflix, ad essere pervaso da pensieri ed emozioni negative, a provare ansia per quello che succede ora e quello che succederà tra qualche settimana. La conseguenza più pericolosa per chi ha un alto livello di “nevroticismo” è la depressione.
Diversamente, chi è più tranquillo, meno lunatico, meno ansioso è portato a vivere ogni momento con più lucidità emozionale.
In generale, ciascuno di questi punti è una generalizzazione, ma, se hai notato anche un briciolo di tendenza a reagire in uno dei modi descritti, beh sappi che non dipende soltanto da te, ma molto lo devi alla tua personalità!
(3)
Siamo davvero sicuri che anche l’introverso più assoluto non soffra in solitudine?
Non smettiamo di ripeterci che siamo animali sociali. Quello che stiamo vivendo è un ambiente estraneo. Se fossimo stati animali della savana o uomini dell’età della pietra, saremmo in una sorta di territorio arido o di “era glaciale della socialità”.
La buona notizia è che anche quando il ghiaccio ci sotterrava, una buona stabilità emotiva, il giusto senso di resilienza, la pazienza e la cooperazione si sono dimostrati atteggiamenti vincenti.
Se dovessi sforzarmi a pensarla in modo diverso da ciò a cui la mia personalità mi induce a pensare mi direi: “di provare quantomeno a vedere questa situazione come un’occasione”.
Un’occasione per stare un pò di più con se stessi. In condizioni normali, infatti, un estroverso non trova mai “tempo per sé”, mai. Piuttosto, è spinto a devolvere il proprio tempo per gli altri. Un bellissimo testo di Anthony Storr, dal titolo “Solitude. A Return to the Self”, mette in evidenza l’aspetto terapeutico della solitudine per coloro che faticano a viverla serenamente. La distanza sociale può aiutarci a capirci meglio e a crescere più consapevolmente, può sviluppare la nostra maturità emotiva e spingerci a connetterci più profondamente con gli altri.
Come estroversi potremmo sentirci meno “a-lonely”, riprendendo l’espressione inglese “aloneliness” che indica il desiderio di solitudine. A volte, non poter stare da soli con sé stessi è fonte di sofferenza. In condizioni “normali”, è l’estroverso, più dell’introverso, a vivere questa sensazione.
Se, invece, mi mettessi nei panni di un introverso, mi direi che: per quanto la vita “nella capsula” possa fare al caso nostro, non bisogna assolutamente perdere il focus sull’importanza di rimanere connessi. Il mondo del lockdown non dev’essere un alibi per l’isolamento.
Paulo Coelho, in una delle sue più belle espressioni, ha scritto:
“Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente, sostituisce lo sguardo dell’essere umano”.