L’effetto Benjamin Franklin
Condividere ci rende più felici. Nonostante la società di oggi sia ormai fortemente individualista, esistono diversi studi che mettono sul tavolo la nostra natura profondamente sociale e ci dicono che le persone che si impegnano a condividere con gli altri registrano livelli di felicità più alti. Che si tratti di condividere il proprio tempo, le proprie risorse, nel dare una mano o nel mettere a fattore comune i propri beni, la condivisione ci fa stare meglio.
Alla base di questa sensazione di benessere i ricercatori hanno individuato un fenomeno psicologico-cognitivo noto come “effetto Benjamin Franklin”. Questo fenomeno consiste nel: quando fai un favore a qualcuno, specialmente a qualcuno con cui non hai un rapporto stretto o non hai addirittura un buon rapporto, il tuo cervello lavora per allineare i tuoi sentimenti alle tue azioni. Si tratta di un processo di dissonanza cognitiva ovvero quando si verifica un conflitto o un’incoerenza tra i nostri pensieri, i nostro modo di sentire e/o di agire il nostro cervello lavora per risolvere questa dissonanza. Quando aiutiamo gli altri il nostro cervello inizia ad alleviare la disconnessione tra l’atto di dare e i tuoi sentimenti iniziali sulla persona alla quale ti stai rivolgendo portandoti, a poco a poco, a vederla sotto una nuova luce più favorevole. In tal senso dare o richiedere aiuto può essere un’efficace strumento cognitivo per favorire la nostra connessione con il prossimo.
A questo punto la domanda che dovremmo porci è: facciamo un favore e condividiamo qualcosa con qualcuno perché quella persona ci piace oppure ci piace perché le abbiamo fatto un favore? L’effetto Benjamin Franklin sostiene la seconda circostanza: condividere, fare favori crea legami.
La storia narra che Benjamin Franklin, una delle figure politiche più celebri del XVIII secolo, preoccupato a causa di un acerrimo oppositore all’interno dell’Assemblea Legislativa decise di porre fine alla questione chiedendo al suo nemico di fargli un favore. Più precisamente gli chiese in prestito un rarissimo testo che apparteneva alla sua biblioteca e da quel momento l’uomo, si sentì talmente lusingato e sorpreso che accettò di buon grado. Quell’occasione fu l’inizio di una lunga amicizia tra i due. Insomma, Benjamin comprese che chiedere favori è una tattica comportamentale interessante ed efficace nel migliorare le nostre abilità sociali e da qui il fenomeno della dissonanza cognitiva che sta alla base di questo approccio comportamentale prese il nome di “effetto Benjamin Franklin”.
Se fossimo coerenti non aiuteremmo mai qualcuno che non ci piace, tuttavia, il nostro bisogno di approvazione sociale a fronte di una richiesta nei nostri confronti ci spinge ad agire. Insomma, l’effetto Benjamin Franklin ha un certo potere nella costruzione di legami sociali anche nei confronti di chi non ci va a genio perché mette in campo due fenomeni psicologici molto potenti: la repulsione che qualcuno produce in noi e il nostro bisogno di approvazione sociale. La nostra mente risolve questo conflitto comprendendo che se aiutiamo quella persona, soddisfacendo il bisogno di approvazione sociale, è perché quella persona non ci dispiace affatto o addirittura ci sta iniziando a piacere. In tal senso, la nostra mente risolve la dissonanza cognitiva facendoci avvicinare all’altro e predisponendoci a collaborare con lui.
Come sfruttare l’effetto Benjamin Franklin?
E’ sufficiente dare consigli, fornire raccomandazioni, complimentarsi per entrare in connessione e migliorare i nostri rapporti con gli altri. Sfruttare l’effetto Benjamin Franklin può tornare molto utile quando si vuole un riavvicinamento, quando si cerca di eliminare l’imbarazzo da una determinata situazione, quando si presentano blocchi comunicativi o situazioni di scambio delicate, può tornare utile anche nel disinnescare situazioni complesse in cui c’è bisogno di essere percepiti come persone più umili e sensibili nei confronti della situazione.
In generale, l’effetto Benjamin Franklin ci insegna e ci ricorda il potere della diplomazia, della curiosità intellettuale e della saggezza pratica. Il suo approccio alla vita e alle relazioni dimostra che chiedere un favore può paradossalmente portare ad una relazione migliore con l’altro e sottolinea l’importanza dell’umiltà, il valore della ricerca e l’impatto del pensiero strategico nella costruzione delle nostre relazioni personali e professionali. Chiedere e dare, condividere, crea un senso di buona volontà e di reciprocità che stimolano l’empatia e la collaborazione.