Lo STRESS (che) fa bene

Federica Ongis
4 min readJul 24, 2021

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So che potrebbe sembrare un’affermazione azzardata e, per certi versi, lo è, eppure ci sono situazioni in cui lo stress è positivo. Vediamo come e quando.

Ripartiamo dall’anno appena trascorso, il 2020. Potremmo definire il 2020: l’anno dello stress. Ognuno di noi si è detto stressato. E’ stato stressante restare chiusi in casa, è stato stressante lavorare h.24, trascorrere le giornate al pc in conference call, non avere la possibilità di svagarsi in compagnia, di uscire a cena con gli amici. Il terreno della quotidianità ci è cambiato sotto i piedi rapidamente costringendoci a modificare le nostre abitudini con risultati, molto spesso, stressanti. Ma lo stress è davvero sempre qualcosa di brutto?

Chi parla di stress 90 volte su 100 lo associa al burnout, ovvero al rischio di andare in corto circuito. Chi parla di stress allude a situazioni sovraccariche che rischiano di diventare disfunzionali, o peggio, distruttive. Chi parla di stress dice: “Non ce la faccio più!!!”.

Tuttavia, se recuperiamo la definizione della parola “stress”, ciò che questa parola significa è semplicemente “una risposta psico-fisica, emotiva, cognitiva o sociale a stimoli che ci offre l’ambiente” e che, come tale, non è, quindi, né qualcosa di positivo, né qualcosa di negativo. In questo senso, nessuno di noi è immune allo stress. Dal punto di vista neurologico, si entra in una situazione di stress quando l’amidgala percepisce un “pericolo” , una “variazione”, e invia un segnale all’ipotalamo, una struttura che controlla l’attività endocrina e molti meccanismi autonomi del nostro organismo. Viene così rilasciato un mix di ormoni che attivano la nostra risposta fisica e mentale.

Stress positivo

Gli sportivi, per esempio, sperimentano molto spesso situazioni di stress positivo o eustress, cioè cercano di portare il proprio corpo in condizioni insolite come il freddo, il caldo, la salita, il digiuno per stimolarlo ad andare oltre la comfort zone delle tradizionali condizioni di allenamento al fine di migliorare le proprie prestazioni, aumentare la concentrazione e accrescere la propria energia. Addirittura, gli sportivi ci insegnano che l’età, l’esperienza e l’allenamento possono migliorare la nostra resistenza a fattori stressogeni. Chi fa sport sa “tenere testa” ai cambiamenti e a vedere lo stress come un’opportunità di adattamento.

Questo non vale solo nello sport ma anche sul lavoro: ci sono situazioni che sgretolano il terreno sotto i nostri piedi e, per questo, ci fanno crescere. Sembrerebbe un controsenso, eppure c’è chi dice che se ami quello che fai potresti chiamare lo stress passione, se fai quello che fai perché lo devi fare allora continuerai a credere che lo stress sia il preambolo della depressione.

Se c’è una cosa che possiamo dire dello stress è che è una forma di “crisi”, cioè una frattura allo status quo, una repentina modifica delle condizioni “normali” che ognuno di noi sperimenta continuamente. Churchill diceva che “una crisi è un’ottima opportunità”, è un’occasione di decidere come posizionarci. Effettivamente ognuno di noi reagisce allo stress a modo suo: c’è chi lo affronta con più ottimismo, c’è chi cade nello sconforto, c’è chi prende in mano la situazione e c’è chi si abbandona a sé stesso. Per affrontare situazioni stressanti, così come per affrontare situazioni critiche serve mantenerci dinamici. Cambiare forma è una scelta e una capacità che ci permette di rimanere allineati al contesto che cambia.

Il punto è: come cambiare restando sé stessi?

Il troppo storpia. Ecco perché, anche quando ci viene chiesto di cambiare troppo di frequente, il dinamismo può causare altrettanto stress negativo.

Pensiamo a qualche decennio fa: credevamo che la tecnologia ci avrebbe liberato dal peso del lavoro eppure oggi constatiamo la situazione opposta. Pare proprio che ci siano più cose da fare di prima. L’asticella si è alzata e continua ad alzarsi. Parlare di stress-lavoro-correlato è diventato una prassi in molte aziende e tra molti terapeuti questo perché il troppo storpia con conseguenti ricadute sulla salute e sulla nostra vita privata e sociale. Questa condizione è dovuta ad un eccesso di fare. Siamo continuamente immersi nel fare e, così, ci dimentichiamo di farci la domanda più importante di tutte: “perché?”. Questa domanda sembra banale eppure ci aiuta a mantenere la rotta. La produttività è tossica se siamo incapaci di essere centrati. Quando manca il centro, non c’è modo di recuperare energia perché non c’è modo di capire dove indirizzare la nostra energia, il nostro impegno e i nostri sforzi. C’è troppa roba da fare e questo “troppo” storpia perché è sconclusionato rispetto al nostro disegno.

Non c’è niente di male nel fare, il “male” sta piuttosto nel fare senza senso, o meglio, nel fare cose che non hanno senso per noi. In tutte queste circostanze, l’esubero di richieste, il troppo lavoro, la troppa produttività diventano fonte di uno stress negativo. Tutte quelle pratiche che oggi vanno tanto di moda per ridurre lo stresso, dalla mindfulness, allo yoga, alla meditazione più tradizionale funzionano ma solo quando è di questo tipo di stress che si parla.

Quando lo stress, al contrario, è generato da un insieme di attività ricche di significato per noi, il termine perde la sua comune accezione negativa e diventa uno stimolo per crescere e migliorarci proprio come ci insegnano gli sportivi!

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Written by Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.

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