Non esistono talenti innati ma modi diversi di esprimere talenti

Federica Ongis
5 min readNov 19, 2022

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Non esistono talenti innati, ma modi più o meno efficaci e sicuramente diversi, di esprimere e sviluppare le nostre capacità.

Il cervello umano e il corpo umano sono capaci di adattarsi, di creare e di esprimersi in modo straordinario e oltre confini che razionalmente ci sembrano impossibili. E’ il caso dei Guinness World Records o degli atleti che portano a casa risultati sportivi eclatanti. La pratica espande le capacità umane che sembrano, talvolta, non avere limiti dandoci la chance di migliorarci sempre.

Di fronte ad un numero sempre crescente di risultati sbalorditivi, diventa sempre più chiaro che il concetto di “talento” è un concetto ampio, talmente ampio da tradursi in almeno 3 cose: la prima, cosa sono portato a fare; la seconda, che tipo di pratica metto in campo per allenarmi; la terza, a quali obiettivi o aspettative aspiro. La combinazione di questi tre fattori ci porta a comprendere se si è, o meno, la persona giusta, al posto giusto, nel momento giusto. Prima cosa: niente di tutto ciò accade per caso.

Come si esprime il talento?

Se pensiamo che un talento si esprima ingenuamente e naturalmente ci sbagliamo di grosso. E’ grazie alla pratica mirata che impariamo a fare bene qualcosa. La ripetizione e la costanza, però, sono solo due componenti tra le tante. La pratica mirata richiede che: ci sia un obiettivo, specifico e misurabile; che ci sia un feedback costante e severo; che ci sia disponibilità ad uscire dalla zona di comfort. Sono questi i 3 fattori che spingono il nostro cervello ad imparare e ad affrontare la novità.

I fattori che definiscono il talento

  1. Uscire dalla zona di comfort. Sappiamo che le nostre doti cognitive e fisiche si irrobustiscono tanto più il nostro cervello sperimenta e si proietta fuori dalle zone di comfort. Chiunque abbia mai avuto a che fare con un bambino si rende conto di quanto rapido sia il ritmo dell’apprendimento. Questo perché le cellule cerebrali che iniziano a connettersi tra loro ad un ritmo spaventoso (milioni al secondo) quando nasciamo, raggiungono il picco massimo all’età di due anni. Con il passare del tempo le sinapsi vengono “potate” per rendere più funzionale il sistema complessivo e ciò che ci rimane è una rete articolata di impulsi elettrochimici, selezionata sulla base di ciò che può servire ad affrontare il mondo esterno. I primi anni di vita, perciò, sono quelli in cui comprendiamo davvero quando un ambiente favorevole e un feedback costruttivo possano incidere su ciò che apprendiamo. A proposito di plasticità cerebrale e apprendimento, uno studio interessante concotto sui tassisti londinesi ci dice che il nostro cervello si modifica strutturalmente man mano che diventiamo esperti in qualcosa. Tutti sappiamo quanto sia difficile guidare e sapersi orientare per le strade di Londra, così per conseguire la licenza da tassista e operare nella città britannica, è necessario superare una serie di prove così toste che c’è chi dice che fare il tassista a Londra significa battere Google Maps! Psicologi e ricercatori hanno cercato di capire come potesse un essere umano apprendere così bene ogni singola strada, vicolo e strettoia e ciò che hanno scoperto è pazzesco: hanno scoperto che i tassisti di Londra hanno mediamente un ippocampo più grande del normale. L’ippocampo è quella parte del nostro cervello che interviene nella formazione dei ricordi, stimolato soprattutto dall’orientamento spaziale e dal movimento. Un’evidenza che non riguardava gli autisti dei bus, abituati invece a guidare sempre lungo le stesse tratte. Che cosa ci dice questa storia? Ci dice che uscire dalle zone di comfort è il primo passo per migliorare le nostre prestazioni strutturali.

2. Visualizzare l’obiettivo. Il secondo fattore d’espressione del talento ha a che fare con la nostra capacità di immaginarci dove vogliamo arrivare, senza fare del fine la giustificazione del mezzo. Le rappresentazioni mentali ci aiutano a visualizzare la cima della montagna, a gestire le informazioni, memorizzarle, capirle e analizzarle per prendere buone decisioni. I calciatori non corrono a caso nel capo, ma si muovono seguendo schemi precisi e pieni di sfumature, vedono mentalmente situazioni, strategie e mosse per interagire efficacemente con il resto della squadra. Ciò significa che per eccellere in una disciplina bisogna sì fare pratica, ma soprattutto lavorare sulla strategia che è più che altro un esercizio cognitivo.

3. Ricevere e richiedere feedback. Il terzo fattore che permette al talento di esprimersi ha a che fare con i feedback. Quando si dice il valore della “cultura del feedback” è perché i feedback che riceviamo sono il riflesso che proiettiamo nel mondo e sugli altri delle nostre azioni e quindi sono l’unica linea guida per capire se ci stiamo muovendo bene. I feedback costruttivi ci servono perché ci insegnano a fare una cosa: a porci le domande giuste per migliorare e indirizzare le nostre prestazioni. Nella marina degli USA esiste la famosa scuola dei Top Gun per l’addestramento alle tattiche di attacco aereo. Questa scuola è un esempio di come i feedback possano contribuire alle prestazioni sul campo. Il programma dei Top Gun, nato durante la guerra in Vietnam, permetteva agli aspiranti piloti di sperimentare diverse tattiche in diverse situazioni e ricevere un riscontro sulla loro efficacia. Ben presto, gli aspiranti piloti si accorgevano che non dovevano più pensare prima di reagire e molte risposte su che cosa fare gli venivano in automatico. Erano stati allenati dal feedback a pensare con la loro testa! Un approccio tipo quello alla Top Gun all’apprendimento è un approccio pragmatico, che da enfasi a quella forma di sapere che è saper fare.

A cosa serve il talento oggi?

Velocità, complessità e disruption sono le coordinate del nostro contesto, in questa cornice riconoscere e formare il proprio talento significa trovare lo spazio giusto e il momento giusto in cui esprimerlo. Il concetto di talento così come lo si intendeva in passato non esiste più: non si nasce bravi calciatori e si resta tali, perché la competizione è alta e i contesti cambiano di continuo. Questo significa ricomprendere il concetto di talento in un’ottica più pragamatica. Morale: devi fare delle tue attitudini un elemento dinamico per trovare terreni fertili in cui valga la pena esprimersi, devi concepire la tua volontà come un elemento motivante per raggiungere i tuoi obiettivi; devi intendere i feedback che ricevi come una linea guida per ritarare la direzione della tua strategia e devi vedere la tua fatica come una necessità costante di uscire dalla zona di comfort e portarti a casa sempre qualcosa di nuovo!

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Federica Ongis
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Written by Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.

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