Perché dormiamo?
Quante ore dovresti dormire? (e) Perché dormiamo?
“Chi dorme non piglia pesci” e infatti esistono persone che vivrebbero senza mai dormire, o meglio, dormendo pochissimo.
Tim Cook, CEO di Apple, ha la sveglia alle 3:45 del mattino. In questo modo, quando tutto il mondo dorme, egli può leggere, rispondere alle mail. Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti d’America, dorme al massimo 3–4 ore a notte. Sergio Marchionne, si alzava alle 3:30 del mattino per controllare l’andamento delle borse europee. Michelle Obama opta per le 4:30 così da poter avere il tempo per l’attività fisica, senza la quale non può partire la giornata. Lo stesso vale per Jack Dorsey, creatore di Twitter, alle 5:00 è il momento perfetto per scendere dal letto meditare e allenarsi. Margaret Thatcher, la lady di ferro, si accontenta di 4 ore di sonno per notte al punto che, in suo onore, a chi dorme poco si dice che abbia il “gene della Tatcher”.
Per fortuna, però, non tutti gli imprenditori di successo rinunciano al sonno: Mark Zuckerberg è solito alzarsi alle 8:00 del mattino. Bill Gates, nonostante dichiari di essere invidioso dei cosiddetti “short sleepers”, cioè di chi non ha particolarmente bisogno di dormire, dice di dormire almeno 7 ore a notte. Allo stesso modo anche Jeff Bezos, imprenditore alla guida di Amazon, è convinto che non si possa fare a meno delle 8 ore canoniche per non turbare i propri ritmi circadiani.
A queste due categorie di persone possono essere attribuite, rispettivamente, due domande. I primi — i cosiddetti “Short Sleepers” — infatti, hanno in testa una domanda: “E’ possibile non dormire mai?”. I secondi, invece, sono più predisposti ad interrogarsi sul perché sia fondamentale dormire.
Proviamo a rispondere ad entrambi questi quesiti.
Si può non dormire mai?
A quanto pare la risposta è sì e a dimostrarlo è la storia di un contadino vietnamita che non chiudeva occhio da quarant’anni, il suo nome è Thai Ngoc. Nel 1973, all’età di 31 anni, Thai fu colpito da una febbre misteriosa che non gli permise più di chiudere occhio. Nonostante le innumerevoli cure e analisi mediche a cui si sottopose, il suo fisico continuava ad essere in perfetto stato di salute con l’eccezione di un problema al fegato dovuto alla mancanza di sonno e di una piccola anomalia dell’emisfero destro del cervello che appariva leggermente più voluminoso di quello sinistro.
Thai Ngoc viveva giornate faticosissime nella sua fattoria di Quang Nam, lavorando nei campi giorno e notte. Alle dure ore di lavoro era solito alternare piccoli momenti di riposo, pochi minuti che consentivano al cervello di recuperare energia. Grazie a questi “microsonni”, il caso Thai Ngoc è un caso scientificamente molto interessante. Tuttavia, di Thai Ngoc al mondo c’è ne soltanto uno.
A dire il vero c’è anche il caso di Randy Gardner, un giovane adolescente che nel 1965 stava lavorando ad un progetto per il festival della scienza. Per quell’occasione Randy rimase sveglio per 264 ore di fila, ovvero 11 giorni. Il caso venne analizzato e documentato dallo psichiatra J. Christian Gillin che affermò che Randy, dopo tutte quelle ore sveglio, presentava deficit cognitivi importanti, problemi di linguaggio, perdita della vista e perfino allucinazioni.
Perché dormire è fondamentale: Il sonno nel cervello
La quantità di ore che dormiamo e anche quando dormiamo è molto soggettiva, in generale cambia con l’età, secondo le abitudini e le caratteristiche di ciascuno.
Un elemento che incide preponderantemente su come, quanto e quando dormiamo è il nostro ritmo circadiano.
“Circadiano” — dal latino “circa-diem” significa “intorno al giorno” — è un termine coniato da Franza Halberg per descrivere, sia dal punto di vista cronobiologico che cronopsicologico, come si comportano le nostre funzioni vitali e cognitive in un arco di tempo di 24h. C’è chi, come me, ha un cronotipo diurno e chi, diversamente da me, ha un cronotipo notturo. Li chiamano “early birds” oppure “gufi” e sono, rispettivamente, soggetti che preferiscono alzarsi all’alba e coricarsi al tramonto vs soggetti per i quali la mattina non esiste e il massimo della produttività si verifica a partire dal tardo pomeriggio.
I ritmi di sonno-veglia dipendono sostanzialmente dal nostro orologio interno, regolato dall’ipotalamo, nel nucleo soprachiasmatico. Il nucleo soprachiasmatico comunica al cervello e al corpo quando è ora di andare a dormire servendosi di un messaggero: la melatonina, un ormone che viene rilasciato nel flusso sanguineo dalla ghiandola pineale durante la notte. La melatonina ha il compito di segnalare l’arrivo della sera, viene rilasciata due ore dopo il tramonto, aumenta velocemente in piena notte, per poi decrescere lentamente in concomitanza dell’alba.
Il secondo fattore che incide nella regolamentazione del nostro sonno è una sostanza chimica chiamata “adenosina” che man mano aumenta, più abbiamo voglia di “dormire”. Il picco di adenosina si ha dopo 12–16 ore di veglia. Il sonno si divide in due fasi: la fase REM (Rapid Eye Movement) e la fase NREM (Non-Rapid Eye Movement). Nella prima fase, il cervello lavora freneticamente, è il momento di sognare. Nella seconda fase, invece, le onde cerebrali hanno un andamento calmo e lento. Queste due fasi si alternano durante la notte così, i nostri circuiti neurali possono rimodellarsi, aggiornarsi e fare spazio a nuove informazioni. In particolare, durante la fase REM, il cervello agisce per connettere i dati recenti con tutte le esperienze passate, forma una vasta rete di associazioni e intuizioni, di nuovi collegamenti e modelli mentali.
Una delle funzioni chiave del sonno ha la sua spiegazione proprio nel cervello: dormire serve al cervello per rimuovere connessioni neurali non necessarie e rinforzare, sedimentare e fissare quelle importanti.
In quest’ottica dormire è fondamentale nella misura in cui aiuta a migliorare la nostra memoria, le nostre abilità motorie, rafforza le nostre capacità di apprendimento. Durante il sonno il cervello continua ad imparare anche in assenza di esercizio. La cosa interessante è che, diversi studi rivelano che, il massimo vantaggio cerebrale per la memoria si ha nella fase NREM che corrisponde alle ultime due ore di sonno prima di iniziare la giornata e, purtroppo, questa è la fase che molti saltano perché suona la sveglia.
Dal punto di vista neurale, senza sonno, il nostro cervello regredisce ad un modello primitivo di reattività incontrollata. Quando non dormiamo siamo più irritabili, tendiamo ad avere reazioni emotive inappropriate e siamo incapaci di controllare gli eventi che ci capitano. Un sonno insufficiente ci rende anche più aggressivi.
Le conseguenze del dormire poco non sono solo visibili nella mente, ma hanno un impatto importante anche sul nostro corpo. Dormire poco aumenta il rischio di malattie come il diabete e provoca un aumento del peso proprio perché influisce sul metabolismo. Quando dormiamo poco le cellule diventano meno recettive all’insulina, l’ormone che regola l’assorbimento dello zucchero. Dormire poco aumenta il nostro appetito, aumenta il consumo di cibo calorico e diminuisce il senso di soddisfazione che proviamo dopo aver mangiato. In aggiunta, una dose di sonno insufficiente colpisce negativamente le cellule immunitarie che combattono il cancro: diverse ricerche rivelano che 4 ore di sonno spazzano via il 70% delle cellule killer che circolano nel nostro sistema immunitario.
Morale di quest’indagine? Dovrei dormire di più. Perché, lo ammetto, oltre ad essere un “early bird” con i fiocchi, dormo pure poco.
Altra morale: a tutti gli “Short Sleepers” non preoccupatevi di perdere il treno, perché, in fondo, anche quando andate a dormire né il cervello, né il corpo si disattivano. Anzi vanno velocissimi.
Ultima morale: Dormire poco non significa svegliarsi presto la mattina. Una persona può alzarsi molto presto e andare a dormire molto presto eppure dormire a sufficienza. C’è lo insegnano le galline.