Quanto i geni influenzano il nostro comportamento? Determinismo vs libero arbitrio
Determinismo o libero aribtrio? Natura o cultura? Siamo davvero liberi di decidere? Sono secoli che i filosofi dibattono su questi quesiti, chiedendosi quanto i nostri comportamenti e le nostre decisioni dipendano dalla nostra volontà oppure quanto la nostra natura di esseri umani sia in qualche modo già orientata.
I deterministi partono dal presupposto secondo il quale in natura nulla avviene per caso e tutto accade in funzione di un’interconnessione causale, con sfumature più o meno estreme che ci rimandano fino alle cosiddette “teorie religiose della predestinazione”. Al di là del dibattito filosofico, anche la scienza è interessata a questo discorso. Lo studio delle funzionalità del cervello umano, nel corso degli anni, ha riparto il dibattito tra fautori del determinismo e sostenitori del libero arbitrio. C’è chi, infatti, sostiene che il cervello umano sia il fenomeno più complesso dell’universo ma che se riuscissimo a comprenderne le potenzialità a fondo, probabilmente ci renderemmo conto che è già quasi tutto scritto: la nostra personalità, i nostri comportamenti, le nostre abitudini, il nostro modo di interagire con gli altri, le nostre scelte. La libertà umana, intesa come la capacità che abbiamo di influenzare la realtà, si limiterebbe alla possibilità di decidere tra un pool di opzioni già predefinite. Ovviamente, alla base di questo “determinismo” c’è una cosa: i nostri geni! La sequenza genetica da cui veniamo è il risultato di una lotteria che deriva da processi causali sui quali non abbiamo alcun controllo. Di conseguenza, il DNA è una sorta di fortuna che nessuno di noi si è propriamente “guadagnato”. Nell’ambito degli studi sul cervello umano, c’è una forma di determinismo che prende il nome di “genetismo comportamentale”. Di che cosa si tratta?
I genetisti comportamentali sostengono che i nostri geni influenzano ogni aspetto dei nostri pensieri, comportamenti, sentimenti, salute, compresi i comportamenti che nella nostra società sono ricompensati. La diversità verrebbe spiegata da coloro che sostengono questa prospettiva affermando che esiste un residuo di libertà: cioè, il fatto che un gene possa causare questo o quel tratto non è immediato perché i geni non operano nel vuoto, ma si esprimono in un contesto, in una società, in una cornice culturale caratterizzata da abitudini, pratiche, strutture economiche e sociali, tecnologie ben precise. Così, per via di questo “residuo di libero arbitrio” — chiamiamolo così — due gemelli omozigoti potranno crescere insieme ma finire con il vivere vite diverse. I modi in cui la genetica può influenzare il risultato della nostra vita sono complessi, e il nostro DNA ha un ruolo chiave nel generare disuguaglianze socio-economiche.
Qual’è il potere dei geni sul nostro cervello?
Credevi di essere l’autore delle tue decisioni? Probabilmente ti sbagli! Itzhak Fried, neuroscienziato dell’Università di Tel Aviv, ha dimostrato che il nostro cervello agisce prima che la coscienza ne sia informata. Il neuroscienziato israeliano, durante un’operazione a cranio aperto, ha potuto misurare l’attività di singoli neuroni mentre i pazienti decidevano quando premere un tasto. Si tratta dell’esperimento che rese celebre un altro neuroscienziato: Benjamin Libet. Il compito dei soggetti di questo esperimento era molto semplice: servendosi di un orologio dalle lancette veloci, dovevano dire in quale momento esatto avevano deciso di muovere il dito. Gli studi di Fried confermano i risultati di Libet: l’attività cerebrale è riconoscibile molti millisecondi prima che la decisione divenga consapevole. Da qui il dibattito in neuroscienze sul libero arbitrio. A dire il vero, si tratta di un dibattito tra i cosiddetti riduzionitsi e non, cioè tra coloro che riducono la mente al cervello e sostengono che il cervello sia il prodotto biologico dei nostri geni e coloro che credono nel libero arbitrio, distinguendo il piano biologico del cervello da quello della mente.
Geni e responsabilità
Uno degli equivoci più grandi quando si parla di libero arbitrio dal punto di vista dei deterministi è credere che “se non hai il libero arbitrio non puoi o non devi prendere decisioni e, di conseguenza, non hai alcuna responsabilità delle tue azioni”. Indipendentemente dal fatto che tu abbia o meno il libero arbitrio, il tuo cervello esegue valutazioni e produce risultati, e questo è ciò che significa “prendere una decisione”. Non si può non prendere decisioni. Il fatto che i tuoi processi mentali siano deterministici non comporta che non debbano essere eseguiti in tempo reale. Lo stesso vale anche se hanno una componente casuale. Questo equivoco nasce da una concezione “divisa” della personalità: le persone immaginano se stesse come se, nel cercare di prendere una decisione, fossero ostacolate da qualche malvagia legge di natura che sfida il loro libero arbitrio. Questo naturalmente non ha senso. Lo stesso vale, per l’affermazione: “Senza il libero arbitrio, non hai alcuna responsabilità delle tue azioni”. Anche questo equivoco deriva da una concezione “divisa” della personalità. Tu sei quello che prende le decisioni (raccogliendo informazioni ed elaborandole) ed esegue le azioni (atti sulla base dei risultati). Se le tue azioni sono problematiche per gli altri, tu sei la fonte del problema e gli altri prenderanno misure per risolvere il problema. Non è che abbiano molta scelta… Se il risultato dei tuoi processi cerebrali crea problemi, sarai tu a esserne incolpato. E’ del tutto irrilevante che la tua elaborazione difettosa delle informazioni sia o meno inscritta nel tuo DNA; la questione rilevante è: quali conseguenze produci sugli altri?!
I deterministi non dovrebbero dire troppo ad alta voce che il libero arbitrio non esiste perché, nell’immaginario comune, questa affermazione spaventa e pregiudica le regole di una società moralmente giusta. Uno studio condotto dall’Università del Minnesota dimostra che “incoraggiare la credenza nel determinismo aumenta la disonestà”. Portare il discorso del libero arbitrio sul piano “naturale” significa affrontarlo su un livello che non preclude la possibilità di parlare di libertà sul piano culturale. Quella che gli esseri umani chiamano “morale” è il frutto di schemi mentali e culturali condivisi che vanno ben oltre gli elementi fisici e biologici che influenzano, in partenza, i nostri comportamenti.
Genetica comportamentale vs Eugenetica
Attenzione a non confondere la genetica comportamentale con l’eugenetica! L’eugenetica è la disciplina che, nata alla fine dell’800, ha alimentato razzismi e discriminazioni sociali profonde. La genetica comportamentale, invece, non si propone di modellare disuguaglianze sociali con la “scusa” dei geni, al contrario, si pone l’obiettivo di risolvere tali disuguaglianze comprendendo che cosa a livello genetico ci rende diversi. La sfida è migliorare la vita delle persone riconoscendo che non nasciamo tutti uguali, almeno dal punto di vista del nostro DNA. Morale: non è eugenetico dire che le persone differiscono geneticamente, né è eugenetico dire che le differenze genetiche tra le persone fanno si che alcune sviluppino più facilmente determinate abilità o funzioni, non è eugenetico per gli scienziati sociali documentare i modi in cui i sistemi educativi, i mercati del lavoro e quelli finanziari premiano le persone per un insieme di talenti e abilità geneticamente influenzate. E’ eugenetico, invece, attribuire nozioni di inferiorità e superiorità intrinseche alle differenze individuali e alle eredità genetiche!
La genetica è una delle più grandi conquiste del XXI secolo e parte del suo successo è legato alla capacità di questa disciplina di mettersi in relazione con la psicologia, le scienze del comportamento umano, oltre che con la medicina, la biologia e così via. In sintesi, l’uso delle informazioni genetiche è ormai riconosciuto come un elemento chiave per comprendere il comportamento umano. La domanda che viene fuori da tutto questo discorso è: perché è importante considerare l’influenza che i nostri geni hanno sulla nostra vita? Perché una società che voglia dirsi giusta e promuovere l’uguaglianza e le pari opportunità non può permettere che “incidenti” di nascita determinino il destino di una persona. In altre parole, il determinismo biologico deve essere risolto creando nuovi spazi socio-culturali di libertà e di uguaglianza. Per tornare al discorso da cui siamo partiti, quando parliamo di determinismo e libero arbitrio, potremmo avere una via d’usicita. Ci basta considerare un fatto: tutto nell’universo, compresi noi e il nostro cervello, è costituito da particelle elementari. Quello che fanno queste particelle è descritto dalle leggi fondamentali della fisica. Tutto il resto, in linea di principio, deriva da questo. Per questo è corretto, associare il libero arbitrio a sistemi autonomi che fanno scelte, con schemi di attivazione del cervello umano, che è il regno della neurobiologia (e per certi versi del determinismo). Quindi è corretto dire che il cervello, esattamente come ogni altra parte dell’universo, obbedisce alle leggi fondamentali della fisica e della natura. Ma, per queste stesse ragioni, è anche giusto non dimenticare che: che queste leggi fondamentali consentano il libero arbitrio è una condizione necessaria per l’esistenza del libero arbitrio. Risolveremmo, così — in parte — il dilemma.