SAPIENS. 4 Fatti curiosi e attuali dal nostro passato.
L’uomo è il prodotto della sua storia.
Conosciamo tutti Noah Harari — storico, filosofo e autore di “Sapiens”, un testo ultra affascinante in cui Noah ci fa riflettere su alcuni fatti curiosi che ci riguardano come specie.
Perché come specie siamo così unici? Quale è la nostra storia più profonda? Che cosa ci guida? Che cosa dovremmo recuperare?
Ci sono 4 fatti curiosi che rendono l’Homo Sapiens ciò che siamo oggi. Alcuni di questi ci suggeriscono atteggiamenti che dovremmo rievocare.
(1) Siamo crudeli perché siamo insicuri
Per milioni di anni gli esseri umani sono stati al centro della catena alimentare. Cacciavano piccoli predatori come uccelli e conigli. Poi, circa 100.000 anni fa, l’uomo fece improvvisamente un enorme passo avanti. Scoprì le armi e il fuoco e le strategie di caccia. Imparò ad uccidere quegli animali che erano in cima alla catena alimentare come i leoni, le tigri e gli orsi. Fu questa abilità a portarci dal centro alla cima della catena alimentare. Questa scalata però è stata così veloce che ha portato con sé alcuni problemi di adattamento. Se ci pensi bene, i leoni hanno impiegato centinaia di migliaia di anni per essere i Re della giungla. Secondo Harari, è proprio la velocità del nostro percorso a renderci “dei piccoli dittatori”: crudeli perché perdenti. Se vivessimo nella giungla con i leoni, privi di armi per difenderci, verremmo sbranati ed è questo rischio e pericolo che ci rende pieni di paure e ansie che intensificano la nostra pericolosità e violenza.
Visto come va il mondo a causa della violenza umana, forse sarebbe buona cosa tornare ad essere più docili. Non per forza essere al vertice della catena alimentare significa “vivere meglio”, soprattutto se questa scalata distrugge l’intera catena.
(2) Siamo imprenditori nati
Harari ci dice che gli esseri umani facevano un uso occasionale del fuoco già 800.000 anni fa, ma solo 300.000 anni fa abbiamo incominciato ad usarlo quotidianamente per fare luce, cucinare, costruire strumenti. Come persone siamo incredibilmente pieni di risorse.
A volte quello che ci manca è la scintilla. Abbiamo strumenti e informazioni che ci permetterebbero di inventare un “nuovo fuoco” ogni giorno, eppure ne facciamo un uso occasionale. Siamo nati imprenditori ma ci siamo abituati ad accontentarci ad un usare il coltello dalla parte del manico, così come, chi prima di noi, ci ha detto che si usava.
(3) Parliamo per curiosità
Se ci chiediamo perché gli esseri umani parlano, Harari risponde: “per fare gossip”. La teoria del pettegolezzo sostiene che abbiamo sviluppato il linguaggio per parlare delle nostre relazioni, per ottenere informazioni necessarie a tenere traccia dell’evolvere dei nostri rapporti con gli altri. Avere informazioni su chi è affidabile e chi no era sinonimo di maggiori o minori probabilità di sopravvivenza. Non solo, comunicare è alla base della cooperazione che caratterizza le specie più evolute. Parliamo perché siamo curiosi: curiosi di scoprire chi ci aiuterà a crescere ed evolvere e chi, invece, ci pugnalerà alle spalle.
Con il gossip ci siamo lasciati sfuggire la mano al punto che oggi non esiste più “l’informazione attendibile” ma si può dire tutto il contrario di tutto. Risultato? Nulla è più credibile. Se le informazioni sugli altri sono così confuse si perde il vantaggio della comunicazione e cioè: la capacità di orientarci nel mondo.
(4) Abbiamo imparato a pensare il futuro
E’ difficile da credere ma non sempre l’essere umano è stato capace di “pensare al futuro”. Lo abbiamo imparato. E’ l’agricoltura che ce lo ha insegnato.
Stagioni, lunghi mesi di coltivazione, periodi di siccità, inverni duri, risparmio di cibo…ecco come è andata. La preoccupazione per il futuro è radicata nei cicli della produzione e nell’incertezza del raccolto. In questo modo come specie abbiamo imparato a pianificare, abbiamo dimenticato il “vivere alla giornata”, abbiamo lasciato alle spalle il nostro essere intrinsecamente “presenti”. Abbiamo dimenticato il potere dell’adesso. Ed è con questo ultimo e quarto punto che mi suscita una domanda: “Ma ci fa bene?”.
Era così connaturato in noi il presente che ce lo siamo dimenticati e oggi non riusciamo più a vivere il qui ed ora. Ci avrai fatto caso ma la nostra vita è sempre tutta una pianificazione: cosa farai domani? Dove andrai in vacanza quest’estate? Con chi passerai il prossimo Natale? Idee per stasera? Chi vorresti essere da grande? Come esseri umani abbiamo la straordinaria capacità di fare una cosa e intanto la nostra mente pensa a tutt’altro. Pensare che il ricercatore Matt Killingsworth in una ricerca di qualche anno fa ha dimostrato che: quando la mente pensa tende a pensare a cose poco felici, alle nostre ansie, paure, preoccupazioni per cui quando pensi a qualcosa di diverso da quello che stai facendo, tendenzialmente, sei meno felice. La felicità aumenta quando siamo “presi nel momento presente”. Ma la verità è che per il 47% del tempo impegnato in un’attività le persone pensano ad altro, un pò meno durante il sesso!
Diciamo che forse è un pò colpa del nostro ego. Quella bestia feroce che ci fa pensare troppo al passato da cui traiamo la nostra identità (chi siamo arrivati ad essere oggi) e un pò troppo al futuro su cui, invece, proiettiamo l’immagine di chi vorremo essere. Fatto sta che il potere forte, prevaricante, indiscutibile dell’ego non deve farci dimenticare la nostra natura presenzialista. Pena? L’inefficacia.
Pensaci bene: se ti chiedessi “ credi di passare più tempo nel passato, nel presente o nel futuro?” . Scommetto che vorrai rispondere “Presente!”. In realtà non stai considerando il fatto che, tutte le volte che siamo sovra pensiero siamo o nel passato o nel futuro. Ma quante volte siamo sovra pensiero? Quasi sempre. O pensi a quello che hai appena fatto, o a quello che stai per fare. Che senso ha evadere dal presente? Non lo so onestamente, quel che è chiaro è che ci abbiamo fatto l’abitudine. E’ difficile da spiegare perché continuare a pensare al passato o pensare troppo al futuro ci costringe in un momento che o non esiste più o ancora non esiste e in queste temporalità inesistenti non c’è spazio per l’azione. Se vivi in un tempo che non c’è più o ancora non c’è non hai margini di manovra, di azione, per modificare la tua esistenza.
Ma quando accetti il presente? Sceglilo, fattelo amico. Ovunque tu sia vivi pienamente il qui ed ora. Questo messaggio è mindfulness allo stato puro! Nell’epoca della distrazione esagerata, del multitasking, delle “mille cose da fare”, la nostra mente vive 4 dissociazioni mentali (nella mente degli altri, altrove, nel passato e nel futuro) che sono molto frequenti. Così dimentichiamo di viverci.
Mindfulness is the intentional, accepting and non-judgmental focus of one’s attention on the emotions, thoughts and sensations occurring in the present moment. — Zon Zabat-Zinn.
E voglio regalarti 6 motivi per vivere il qui ed ora:
- Non esistono problemi, solo situazioni.
- Il nostro status di operatività ottimale è quando siamo focalizzati sul presente. Biologicamente siamo programmati per entrare automaticamente in uno stato di vigilanza e presenza mentale nelle situazioni di emergenza. Questa condizione ci porta ad agire in modo più efficace ed efficiente.
- Il qui ed ora è l’unico attimo disponibile nel quale possiamo agire.
- Molti dei pensieri che ci distolgono dal presente sono così confusi o incerti che potrebbero essere inutili.
- La realtà è più ricca e vibrante quando è vissuta, piuttosto che quando è pensata. E’ stato Cartesio con il suo “Cogito ergo sum” a darci la strana sensazione che fosse il pensiero ad essere più potente dell’esperienza.
- Vivere il qui ed ora migliora il nostro modo di relazionarci con il mondo e, soprattutto, con gli altri.
Cos’altro aggiungere?
Se la storia del nostro passato da Homini Sapiens ci ricorda alcune caratteristiche che con il tempo abbiamo perduto, forse è perché in qualche modo c’è qualche motivo per evitare che vadano perdute del tutto.