Siamo il nostro cervello o è il nostro cervello a dirci chi siamo?

Federica Ongis
5 min readDec 3, 2022

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Il cervello è l’organo più incredibile che esista. Quello umano, in particolare, affascina studiosi da secoli e stupisce ciascuno di noi per le sue incredibili capacità e potenzialità. La crescita biologica dell’individuo, da quando nasciamo a quando moriamo, dipende dalle abilità e dalla flessibilità del nostro cervello che viene profondamente influenzato dall’ambiente circostante. Il nostro modo di pensare, sentire, immaginare, sognare e soprattutto di essere è il risultato di un cervello plastico che cambia forma di continuo. Per questo motivo, una delle domande più curiose e misteriose che riguarda l’identità dell’essere umano ci spinge a guardare al cervello e a chiederci: ma noi siamo il nostro cervello oppure è il nostro cervello a dirci chi siamo?

Identità è memoria?

Cambiamo di continuo. Non lo diceva solo il grande Eraclito, ma lo conferma anche la nostra natura: ogni quattro mesi i nostri globuli rossi sono interamente rimpiazzati, le cellule della nostra pelle cambiano nel giro di poche settimane e in circa sette anni, siamo completamente nuovi. Che cosa ci rimane allora? Che cosa è che ci fa dire che noi siamo la stessa persona di qualche tempo prima e che saremo la stessa persona pure in futuro? La risposta è semplice: la nostra memoria, è la memoria ciò su cui si fonda e si costruisce l’identità della persona perché è ciò che ci regala continuità. Quando Eraclito diceva che “un fiume non è mai uguale a sé stesso” apriva inconsciamente a una delle domande filosofiche più importanti per l’essere umano e cioè alla domanda sul fondamento della propria identità. La memoria, è un importante elemento di continuità, eppure anche la nostra memoria è fallibile e instabile. Gli eventi quotidiani che il nostro cervello registra sono ricostruzioni fittizie basate su esperienze pregresse e stimoli che ci derivano dall’ambiente circostante. Perciò, se anche la memoria è fallacia, che cosa ci dice ciò che siamo? Probabilmente consapevolezza e coscienza, che sono il risultato della configurazione e riconfigurazione continua del nostro cervello e delle connessioni neurali al suo interno.

Se non è la memoria allora cos’è?

Il libero arbitrio è il secondo candidato. Tuttavia, nel corso dei secoli, la scoperta dell’inconscio ha dato il via a una nuova serie di domande sulla mente umana: questo perché l’attività cosciente del cervello è solo una piccola parte dei nostri processi mentali, anzi, la maggior parte di essi, per via della pigrizia del nostro sistema cognitivo, avvengono senza che nemmeno ce ne accorgiamo, sono automatici! Gli studi sugli automatismi del cervello umano, hanno spinto gli studiosi del cervello ad associare la parte cosciente ad una modalità con cui la mente reagisce alle novità e agli stimoli particolarmente intensi. Ciò pone le basi per mettere in discussione anche il concetto di libero arbitrio: se siamo il risultato delle nostre scelte libere, ma le nostre scelte non sono libere perché sono per la maggior parte automatiche e frutto di una battaglia tra reti neurali con esisti che non dipendono da noi, allora che cosa è che ci dice chi siamo se non il nostro cervello?

Pensare di non essere in controllo del proprio corpo e delle proprie decisioni è una sensazione vertiginosa che l’evoluzione ha deciso di risparmiarci. Infatti, esistono diversi segnali, tra cui la sudorazione, l’aumento del battito cardiaco, la dilatazione delle pupille e, prima fra tutte, la produzione di dopamina che ci danno la percezione di essere i protagonisti delle nostre decisioni. E’ a partire da questo sentire che dobbiamo individuare l’elemento di coerenza su cui si costruisce la nostra identità.

Se non il libero arbitrio allora cos’è?

Quale è quindi quell’elemento di continuità su cui l’essere umano può costruire la propria identità? Il terzo candidato a rispondere a questa domanda è: la componente sociale ed emotiva. Gli esseri umani sono animali sociali e forse è proprio questo elemento che ci differenzia dagli altri animali a dirci chi siamo! In tempi recenti le neuroscienze hanno iniziato a studiare il cervello come un’entità “embeddata” nella realtà. In passato, il cervello veniva studiato come un’entità isolata. Il nostro cervello ha bisogno di vivere in contatto con altri individui, perché ciò è parte della sua struttura biologica. Quando ci mancano legami sociali ed emozionali, il nostro cervello si deteriora. Così è dal vivere in società che il nostro cervello apprende e punta ad altro, trasformandosi. La neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di adattarsi ed essere flessibile, è la risorsa più preziosa per il futuro dell’umanità. Morale: senza un ambiente in cui vi sia attenzione emotiva e stimolo cognitivo, il cervello umano non può svilupparsi normalmente e noi non possiamo essere chi siamo.

Bisogna essere riduzionisti?

Tutto ciò che è psicologico è fondamentalmente biologico, il che significa che il nostro vissuto non può prescindere dal nostro cervello e dalla nostra biologia. Con ciò però non si deve cadere nel riduzionismo. Ridurre l’identità personale al cervello è scorretto, o meglio, è parziale. Così come è incompleto dire che la mente è il cervello o che la nostra identità dipenda interamente dal nostro cervello. Il riduzionismo, infatti, non coglie il potere straordinario che scaturisce dalla biologia del nostro cervello mescolata a tanti altri fattori. Tutto ciò di cui facciamo esperienza modifica il nostro cervello nella sue strutture sostanziali, questo vuol dire che l’ambiente, la cultura, la famiglia, le amicizie, il lavoro, la musica, i film, le immagini a cui siamo esposti lasciano un impronta sul nostro sistema nervoso e il nostro sistema nervoso non fa altro che utilizzare questi stimoli per riorganizzarsi e restituirci in dono ciò che chiamiamo identità!

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Federica Ongis
Federica Ongis

Written by Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.

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