Storytelling. Come creare storie avvincenti in 4 mosse?

Federica Ongis
6 min readDec 12, 2020

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Il nostro cervello è costruito per le storie.

Ogni strumento è un martello, la vita dipende da ciò che fai. Creare fa parte della natura umana e ancora di più creare storie. L’uomo, non solo ha bisogno di trasformare tutto ciò che gli sta attorno, plasmando, innovando, mutando la materia ma ha bisogno, soprattutto, di dare valore a tutto ciò che crea. Come? Raccontando la sua storia.

Che cosa è una storia?

  • Una storia è, innanzitutto, un processo creativo.
  • Una storia è personalità.
  • Una storia è link.
  • Una storia può essere un inizio e una fine, contemporaneamente.

Una storia è il modo migliore che abbiamo per “estro-vertere” il nostro vissuto, portarlo fuori di noi, consegnarlo al mondo. Una storia può aiutarci a comprendere emozioni, fondare tradizioni, raccontare eventi, apprendere contenuti, connetterci. Le storie uniscono, ispirano, segnano, generano. Ecco perché una delle abilità più importanti che il genere umano ha ereditato dai suoi antenati è proprio l’arte di raccontare storie, belle, coinvolgenti, avvincenti, entusiasmanti, seducenti, travolgenti, stimolanti.

Come creare una buona storia?

Ci sono 4 semplici caratteristiche che possono aiutarci a trasformare le nostre parole in esperienze da far vivere al lettore. Ecco quali sono.

  1. Affinità. Una buona storia deve essere capace di generare immedesimazione.

2. Novità. Una buona storia deve attivare l’interesse del cervello umano richiamandosi a qualcosa di nuovo, di inaspettato, ad un’informazione che, in modo molto “basic” direi quasi “evoluzionisticamente” ci insegna qualcosa per cui “vale la pena tracciare”.

3. Tensione. Una buona storia deve “mettere l’Attak sulla sedia e tenerti appicciato”. Gli scienziati cognitivi direbbero che una storia efficace deve essere costruita sfruttando il cosiddetto “curiosity gap”, ossia la smania ossessiva del nostro cervello di fronte ad informazioni parziali a voler a tutti i costi approfondire, scoprire, chiudere il cerchio, colmare i buchi. Per cui, proprio per via di questa tensione umana, una buona storia deve “imboccarti poco alla volta”.

4. Scorrevolezza. Facile da leggere, scorrevole. Questo non significa banale. Una storia che corre via liscia come l’olio non per forza deve, per esempio, seguire un ordine cronologico. La semplicità è (piuttosto) — come diceva Leonardo Da Vinci — il massimo della raffinatezza, nello stile e nella forma.

Il viaggio dell’Eroe in 12 tappe

Affinità, novità, tensione e scorrevolezza — a dire il vero — sintetizzano le 12 tappe che descrivono il celebre “Viaggio dell’eroe”.

L’eroe attraversa due dimensioni: il mondo ordinario e il mondo straordinario. In questo percorso ci porta con lui/lei. Per creare questo percorso, i creatori di Disney, ci danno un ottimo suggerimento: prendi un sognatore, un realista e un critico. Al primo dai il compito di “buttare giù” ogni forma idea, le più bizzarre, non dargli limiti. Al secondo chiedi di trovare il modo per adattare queste follie alla realtà, ad un contesto specifico, a coordinate spazio-temporali definite. Al terzo, infine, chiedi di esprimere un giudizio. Otterrai una grande storia. Questo è per dire che, in fondo, il segreto per una buona narrazione è ricordarsi che: una storia non è un fatto nudo e crudo, ma che, come ogni cosa che gli esseri umani si trasmettono, è sempre e solo un’interpretazione di fatti. Del resto, se un fatto può essere cosa ordinaria. Un’interpretazione può risultare straordinaria.

Non c’è Marketing migliore del passaparola

Secoli fa l’uomo ha scoperto che il modo più efficace per comunicare con gli altri esseri umani è attraverso le storie. Una buona storia è in grado di catturare l’attenzione — e non solo — è in grado soprattutto di creare un rapporto duraturo.

Il passaparola è la miglior forma di marketing, non c’è dubbio. In tutti i settori, se vogliamo comunicare efficacemente, dobbiamo ricordarci che cosa significhi “saper raccontare una storia”: Avere una storia per promuovere qualcosa è la strategia comunicativa migliore che ci sia, nonostante oggi lo si possa fare in diversi modi.

Perché? Perché è gratis. Perché emoziona. Perché connette.

Una buona storia fissa un obiettivo, spiega il perché facciamo quel che facciamo, coinvolge e modifica il comportamento del nostro pubblico e ci dà, nel modo più immediato possibile, un feedback sulle nostre abilità di essere stati, o meno, convincenti.

Donald Miller nel suo libro “Building a Storybrand” afferma che la forza di un brand sta proprio nella sua capacità di raccontare una storia il cui eroe è immedesimato dal cliente (non il tuo brand). Come Donald, anche gli esperti di storytelling identificano 7 principi fondamentali attorno ai quali, chiunque, qualsiasi brand dovrebbe creare la sua storia, specificando che anche il “personal brand” conta come un brand.

  • Il primo principio è la fede: in che cosa credi? Quale è la tua passione? Senza passione non c’è autenticità e senza autenticità il messaggio faticherà a penetrare il pubblico.
  • Il secondo principio è la chiarezza: chiaro non è banale, chiaro è piuttosto un messaggio ben focalizzato e privo di tutto ciò che potrebbe essere “di troppo”, superfluo. Uno degli errori più comuni è quello di creare una storia o troppo generica o troppo specifica, il miglior suggerimento che diverse ricerche nell’ambito dell’efficacia comunicativa ci trasmettono è servirsi di 3 messaggi chiave.
  • Il terzo principio è l’opinione: comunica il tuo punto di vista, crea la visione che dà forza al tuo messaggio.
  • Il quarto principio è l’energia: sii semplicemente entusiasta. Altrimenti, perché dovresti raccontare una storia?
  • Il quinto principio è il contesto: il viaggio dell’eroe ha sempre una location ben precisa e il contesto rappresenta proprio il collegamento con il resto del mondo, senza il quale rischiamo di rimanere chiusi in una “bolla”. Ricorda, il contesto non ha solo a che fare con lo spazio, ma anche con il tempo e ogni storia ha le sue radici che, nella maggior parte dei casi sono il momento più importante del racconto perché sono il frangente temporale in cui si palesa il problema, l’ostacolo, l’avventura che l’eroe deve affrontare. L’origine del racconto è il momento che rende il protagonista “umano” agli occhi del pubblico.
  • Il sesto principio è l’umiltà: interagisci con chi ascolta.
  • Il settimo principio sono le immagini: perfino le parole possono disegnare. Lo fanno attraverso metafore, similitudini, statistiche. Una buona storia è un’opera d’arte, disegna il più possibile. Trasforma i discorsi in immagini.

La maggior parte delle aziende spreca un’enorme quantità di soldi nel marketing, ma poi, in fondo, quel che gli manca è una storia efficace (nella maggior parte delle aziende c’è un vuoto narrativo, ovvero un vuoto che si crea quando non c’è una storia che unifica il tutto). Seguendo la piramide dei bisogni di Abraham Maslow è possibile identificare ciò che rende una storia efficace: in primis, c’è sicuramente la capacità del nostro racconto di fare appello al nostro cervello inneggiando i bisogni primari, in che modo possiamo aiutare il cliente a sopravvivere?

I clienti non sanno che tieni a loro finché non glielo dici, e il modo migliore per farlo è attraverso una storia.

Si dice che i business che oggi sanno raccontare buone storie avranno un vantaggio competitivo domani. Saper come produrre storie efficaci è una scelta. Puoi essere attore o autore. Quel che c’è di vero è che, ai nostri giorni (forse più che in passato), comunicare mediante le storie è indispensabile. L’elemento imprescindibile è che la storia che vai raccontando sia una storia “fatta da esseri umani, per esseri umani”.

In fondo, quel che si dice spesso è: o scrivi qualcosa che valga la pena leggere o fai qualcosa di cui valga la pena scrivere, ma in ogni caso, di mezzo, c’è sempre una storia!

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Federica Ongis
Federica Ongis

Written by Federica Ongis

HR Training Specialist & Development — Podcaster of “Seven O’clock” Podcast — Woman-philosopher. Passionate about behavioural sciences and neuroscience.

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