Tempo, illusioni e percezioni.
“Il tempo è un’illusione” diceva così Albert Einstein. Il tempo non esiste, ribadiva e con la teoria della relatività ci insegnava che il tempo non è ciò che abbiamo sempre immaginato. La soggettività del tempo è realtà, eppure il tempo, sulla carta, è uguale per tutti.
La percezione del tempo è un campo di studio molto interessante che, negli anni, ha visto l’interesse di psicologi, filosofi, linguisti e neuroscienziati. Come mai percepiamo il tempo in modo diverso? Quali sono le illusioni temporali più diffuse? Quali sono i meccanismi neurali sottostanti la nostra percezione del tempo?
Fattori
La percezione del tempo può essere influenzata da diversi fattori: l’età, le emozioni, la cultura, fattori cognitivi.
Il tempo è una dimensione non soltanto della nostra quotidianità, bensì del nostro essere. Il filosofo tedesco Martin Heidegger, nel secolo scorso, scriveva uno dei suoi capolavori “Essere e tempo” affermando che per comprendere l’Essere, l’essere umano deve comprendere se stesso in quanto EsserCi. Che cosa voleva dirci con questa affermazione apparentemente criptica? L’unico modo di scoprire il senso dell’Essere è esistendo, cioè essere qualcosa che esiste in un momento temporale preciso. In questo senso, il tempo è parte del nostro essere.
Il tempo è quella cosa che non possiamo né vedere, né toccare ma soltanto esperire. Si tratta di una dimensione particolarmente sfuggente che da sempre ha incuriosito pensatori e scienziati. Filosofi, psicologi e neuroscienziati affermano che la nostra percezione del tempo è associata a più sistemi complementari che coinvolgono diverse aree e architetture cerebrali. David Eagleman, nel saggio “Brain Time”, dichiara che vengono elaborate diversi tipi di informazioni sensoriali a velocità diverse da diverse architetture neurali. Il che significa che ciascuno di noi vive diversi tipi di illusioni temporali, cioè stimiamo intervalli di tempo, la durata di certe attività, la simultaneità di alcuni eventi in maniera del tutto soggettiva. Diversi studi hanno analizzato i correlati neurali della percezione del tempo e dell’attivazione comportamentale. La sorprendente diversità dei modelli psicologici e neurofisiologici della “percezione del tempo” caratterizza il dibattito su come e dove viene elaborato il tempo nel cervello.
Esistono diversi fattori che incidono sulla nostra percezione del tempo. Vediamone alcuni:
Età. Uno dei fattori che influenzano la percezione del tempo è l’età. Per gli adulti il tempo corre più veloce che per i bambini. Si chiama “effetto telescopio”: abbiamo la tendenza a posizionare cronologicamente gli eventi in memoria, in modo che gli eventi recenti risultino più lontani rispetto a ciò che erano veramente, e quelli più remoti più vicino. I giovani fissano lontano l’obiettivo che appare vicinissimo nel telescopio, mentre gli anziani scrutano in modo ravvicinato anche le cose più lontane, perdendosi negli infiniti dettagli. Per questo motivo quando sentiamo una persona anziana raccontare ciò che ha fatto spesso assistiamo a meticolosi racconti, mentre quando chiediamo ad un bambino di dirci come è andata la giornata la sua risposta è secca.
Memoria ed emozioni. Un altro fattore che influenza la percezione del tempo è la memoria e le nostre emozioni. Quando ci sentiamo in pericolo il tempo rallenta. Si dice “paralizzati dalla paura”, nello spavento il tempo si ferma e con esso il nostro corpo. David Eagleman, neuroscienziato del Baylor College of Medicine di Houston, ha dimostrato che a causare questa distorsione è la memoria: una rapina di pochi secondi, sembra durare di più perché l’evento genera ricordi e i ricordi, percorrendo la mente più a lungo, distorcono la nostra percezione dei fatti. Più aumentano i ricordi e più abbiamo la sensazione che il tempo rallenti. Lo stesso vale per gli intervalli di tempo associati a cambiamenti. Anche in questo caso, essi possono essere percepiti come più lunghi rispetto a quelli in cui avvengono meno cambiamenti. Questo perché il cambiamento comporta sempre una fatica cognitiva. Perfino quando non piacciamo a qualcuno o ci troviamo in contesti spiacevoli, il tempo si muove lento e, ovviamente, al contrario, le attività più piacevoli possono essere percepite come più brevi di quello che sono realmente. Addirittura, gli stimoli sensoriali possono concorrere a restituirci diverse percezioni del tempo: gli stimoli uditivi, per esempio, possono risultare più lunghi degli stimoli visivi.
Chimica. La percezione temporale viene anche influenzata dalle condizioni biochimiche in cui il corpo e il cervello si trovano. La dopamina, in particolare, ci dà la sensazione che il tempo corra velocemente. Per quanto motivo, eventi o circostanze cariche di adrenalina sembrano volare. L’assunzione di sostanze stupefacenti, per esempio, può alterare la nostra percezione del tempo.
Ripetizione. Anche la durata di un evento può ingannarci: se in una serie di fotografie che mostrano lo stesso soggetto (per esempio una giraffa) si inserisce un soggetto diverso (per esempio un elefante) e poi si chiede ai presenti quanto tempo le immagini siano rimaste sullo schermo, tutti diranno che l’elefante è rimasto più a lungo, anche se la durata di proiezione era sempre la stessa.
Cultura. Orologio, calendario, planning sono tra i principali simboli della cultura e della società occidentale. Nelle società agrarie e più tradizionali, il tempo è ciclico, scorre lentamente e si ripete. Nella nostra società il tempo è lineare, direzionale e corre veloce. L’immagine che abbiamo del tempo concorre, culturalmente, a influenzarne la percezione che abbiamo del tempo e del suo scorrere. Nel 1983, l’antropologo Edward T. Hall descriveva la forma predominante del tempo occidentale moderno come tempo “monocronico”. In questa prospettiva, il tempo è concepito come un nastro o una strada che si estende dal passato al futuro, diviso in segmenti chiamati minuti, ore, giorni, mesi e anni. Quindi “il tempo è organizzazione”, essenziale per il buon funzionamento di una società industriale complessa. Nella nostra cultura il tempo è denaro, moneta di scambio quantificabile con precisione. Accanto a questa immagine del tempo c’è il nostro tempo, quello che nasce dal sé e non è imposto, la cui forma è circolare, è quella temporalità che ci dà l’idea che la vita non si debba percorrere solo in linea retta, dall’inizio alla fine, dalla nascita alla morte, ma che esistano corsi e ricorsi, esperienze diverse, che concorrono a definirci e realizzarci. Questa seconda interpretazione del tempo è ci appartiene ma, molto spesso, è nascosta dall’immagine culturale-occidentale del tempo che corre in avanti. Il risultato è una percezione soggettiva del tempo che vola via, lasciandoci vecchiaia e rimorsi. Accedere ad interpretazioni culturali differenti significa darci la chance di vivere lo scorrere del tempo in modo diverso.
Il tempo: prodotto della mente
Il tempo? Il tempo non passa, semplicemente è. Così dicono i fisici. A darci la sensazione del flusso del tempo sono le nostre cellule cerebrali sempre in funzione. La stima del tempo dipende in gran parte dalle strutture sensoriali del cervello e perfino da quelle motorie, del resto tempo e spazio sono legati e intimamente connessi (al punto che il cervello spesso li mescola). In vacanza il tempo vola, quando siano ragazzini sembra ci voglia un’eternità per compiere 18 anni, da anziani cose che abbiamo fatto anni prima ci sembrano accadute l’altro ieri. Insomma, l’esperienza del tempo è creata dalla nostra mente che spesso ci illude e talvolta ci consola. In fondo, come diceva Heidegger: il nostro essere non può prescindere dal tempo!